Demagò “Ferite”, recensione

Quattro tracce per un Ep, ormai per gusto o necessità un format usuale. Pur non apprezzando la scelta, ormai mi rendo conto di come il mercato veloce, rapido e social, ritrovi nell’extended played un’uscita di sicurezza dall’aberrazione dello 0,0006$.

 

 

Quindi, torno all’oggi abbandonando ieri e mi piego alla scelta, peraltro felice di farlo ascoltando Il mio demone, vivace rock d’impatto, in grado di sorreggere l’intera impalcatura di questo Ferite, che giunge a noi sotto il marchio Demagò. La band umbra, attiva dal 2013 sembra volersi raccontare attraverso sonorità easy, ma tutt’altro che banali, in cui ho ritrovato le arie aperte dei Negrita, andamenti Tarm e quello sguardo alla quotidianità con cui giocavano gli Snaporaz negli anni ‘90, e per comprenderlo vi basterà ascoltare Precario.

Le tracce, infatti, si raccontano attraverso un sguardo sociale, aperto a luci ed ombre che, in Le mani si sviluppano inseguendo un mood più pacato ed osservativo, che non disdegna spazi “Appiniani”. A chiudere la nuova relese di (R)esisto sono, infine, le note di Stendimi che, nonostante i cambi direzionali, appare l’anello debole di un quadrilatero comunque godibile, che deve essere uno spoiler ad un full lenght necessario.

 

Tracklist:

  1. Il mio demone
  2. Precario
  3. Le mani
  4. Stendimi