Dewa Budjana – Surya Namaskar

dewa_budjana.jpg

Questo lavoro contiene, racconta e aiuta ad approfondire da dentro questioni anche più grandi di lui legate al mercato. Moonjune è una delle pochissime label indie che, in questo nuovo complicatissimo millennio di produzioni musicali che vanno pur vendute, non si limita a resistere ma produce, costantemente, qualità, forma e sostanza con la passione di Leonardo Pavkovic, con la sua capacità e la sua voglia di far uscire musica da artisti giovani e non più giovani, con una continuità e con un livello qualitativo rilevanti e, diciamolo pure, rari nel mondo indie e non solo.

Quel che sembra un pistolotto introduttivo è anche utile a capire questo progetto, opera di quello che forse è il più famoso chitarrista indonesiano (il gruppo in cui dagli anni novanta suona, Gigi, vende tantissimo in patria). Dewa Budjana scoprì il jazz moderno d’occidente e cominciò ad appropriarsene, unendo virtuosismo e l’abilità di attraversare gli stili e i… meridiani, attraverso una musica che è, a suo modo, una specie di world fusion. La sua discografia in questo senso spazia parecchio, ma anche alcuni lavori al loro stesso interno cambiano registro in modo a volte anche un poco spiazzante.

Surya Namaskar è un lavoro di jazz-rock di quelli in un certo senso di tradizione, per chi sta nel genere da ascoltatore navigato. Il trio è stellare, perché al basso e alla batteria abbiamo Jimmy Johnson e Vinnie Colaiuta, due colossi assoluti del virtuosismo controllato ed elegante, mai fine a sé stesso, che da sempre danno un apporto sostanziale ai progetti cui collaborano senza che il loro suonare ed il loro suono vadano a prevalere. Due fuoriclasse. I brani stanno su solidamente, con trame interessanti sia dal punto di vista armonico e melodico sia per tessiture ritmiche; non ci sono rivoluzioni inattese ma la musica è intensa, ha densità e struttura. In alcune progressioni e passaggi di maggior protagonismo di un lavoro per il resto in bell’equilibrio si avverte che, anche qui come per mille altri motivi, Allan Holdsworth non sta passando invano su questa terra, né passerà. Si tratta di riferimenti talvolta abbastanza evidenti, ma questo non toglie autonomia e dignità ad un progetto ben fatto, degno di un posto a sé nella produzione jazz-rock, autonomo.

Possiamo parlare di un più o meno presente interplay, ma, prescindendo dal fatto che non siamo al jazz puro e che quindi gli spazi e i tempi sono più rigorosi, le interazioni di gente che non si vede né probabilmente si vedrà spesso sono, pur presenti, legate essenzialmente alla caratura e sensibilità individuali di ciascuno più che ad un sodalizio su cui non c’è motivo di ricamare: tutto funziona per quel che deve e che è lecito aspettarsi da interpreti di reale prim’ordine nel rispettivo ambito.

Sul sito Moonjune trovate i modi per acquistare sia il CD sia, attenzione, il download a 24/96, con prezzi allineati a quelli di chi vuol farci credere che un file ad alta risoluzione debba costare di più di uno compresso.

Approvato e consigliato. Con l’occasione assaggiate qualcuna delle pietanze di Leo: non credo che ve ne pentirete!