Did, Kumar solarium, recensione

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Dopo aver scritto la recensione, come di consueto, ho iniziato a girovagare alla ricerca di articoli, nel tentativo di confrontare le mie opinabili diatribe dialettiche, con il modus pensandi di più o meno illustri colleghi. Vagabondando a dritta e a manca mi sono però reso conto che quasi nessuno ha avuto il bon ton di sottolineare lo splendido lavoro di work art che i Did hanno dato al proprio “Kumar Solarium”.
Comprate il disco nella sua digipack version e vi ritroverete di fronte ad un originale confezione, figlia dei tempi, che gioca in maniera sottile con quel mondo a tre dimensioni, sino a qualche anno addietro fatta di occhialini flebili, caratterizzati da uno scarno bicromatismo verde/rosso.
Oggi le tecniche sono mutate come le tecnologie di accompagnamento, ma i torinesi Did hanno cercato e trovato, con semplicità ed originalità, il modo di proporre un booklet bicromo e bifronte, dal quale è possibile leggere i testi grazie a due foglietti di plastica trasparente che consentono la lettura delle liriche annullando il colore di riferimento. Una simpatica trovata, che non incontravo dai tempi di video cluedo degli anni 90.

Ora però..dopo questo incipit postumo, è necessario arrivare al contenuto di “Kumar Solarium”..elemento essenziale e basilare del prodotto.

I Did arrivano da Torino per orientarsi al beat post punkettaro d’oltreoceano, grazie alla Folica Records, nave che salpa dall’estuario del Po, iniziando ad inanellare buoni riscontri di critica per la qualità che si annida attorno al logo bianco rosso.

Il quartetto piemontese, una volta incontrata la giusta corrente, è arrivata a “Kumar Solarium” dopo un intensa attività live, maturando una sonorità futurediscowave da dancefloor sui generis, attraverso sviluppi musicali senza frontiera. Un debut album che, anticipato dall’uscita del singolo “Hello Hello / Another pusher (These New Puritans remix)”, non tradisce le attese, nonostante alcune perplessità di forma che inevitabilmente rendono più difficoltoso l’ascolto dal divano, che non da sotto il palcoscenico.

Il terreno attorno ai Did sembra comunque fertile, sia in Nord America, grazie alla Saboteur Records, sia in oriente, grazie alla Flake Records, indie label dall’interessante rooster. Infatti, il disco attecchisce con i suoi scarsi 40 minuti attraverso staffe e martelli preparati al beat club, tendenzialmente aperti a sonorità altroniche e finto mainstream.

Il full lenght organizza le sue 11 tracce attraverso sentori che cavalcano l’elettronica e visitano in compartimenti diversificati il mondo afro beat, quello tropicalistico, senza dimenticare brit wave e dance, da cui emerge un assenza di continuità narrativa. Il disco regge nel suo frastagliato e innovativo sviluppo come ben dimostra l’introduttiva “Hello Hello”, in cui dal far east ci ritroviamo in un mondo più vicino al nostro, attraverso suoni rumoreggianti pronti ad esplodere in un coinvolgente riff capace di fondere in armonia il rock con l’elettronica. La ritmica è interessante mentre la linea di cantato non sembra sviluppare appieno il rapporto tra musicalità e voce, mostrandosi talvolta avulsa dall’insieme.

In tutto il disco persiste l’anima altronica, come dimostra “Time for shopping”, che ci riporta ad un sound anni’80, grazie ad una sezione ritmica ben cadenzata, tra venature tribal e dance. Tra i brani migliori annoveriamo l’armonia easy di “Solarium”, in cui al sei corde richiama il mondo funky, capace di dialogare con un pop mai troppo pulito.
Se poi con “Back from the outside” parliamo di sintesi musicale, con “Ask u2” i Did citano i Pulp di Trainspotting, attraverso un influsso Brit Pop dall’andamento particolarmente adatto alla britannia narrata da Irvine Welsh. Non mancano infine venature Franz Ferdinand (“Saturday night”) né i suoni martellanti di “Crazy yes”, che vive tra grezzità, noise e coinvolgente groove, che conquista similmente alla recitativa chiusura “Babe (precious thing)”. interposta tra tribalismo e caotico andamento occidentale.

Insomma un disco che soggettivamente non mi piace, come non mi piace uno approccio stilistico troppo incollato all’elettronica beat, ma che oggettivamente mi costringe a definirne i lati positivi…molti…che fungono a oltrepassare il disamore semplicistico nei confronti di questo (talvolta) noioso genere.

tour

5 Jun 2010 19:30
MUV festival Firenze

12 Jun 2010 21:30
Circolo degli artisti Roma

19 Jun 2010 22:00
Riviera Summer Fest Varazze

3 Jul 2010 20:00
Somenfest Ome, Brescia

9 Jul 2010 20:00
Lanificio 25 Napoli

17 Jul 2010 20:00
Soundido Festival Bagno di Romagna, Forlì