GoaBoa Festival. Peter Hook & the light. 2023

Premessa.

Sembra ieri quando, poco più che ventenne pogavo nel sottopalco dei Prozac+, giocando con i ritmi del mitico Ray Gelato, facendomi trascinare dal folk dei Modena City Ramblers e dalle note Rock dei Guano Apes. Eh sì, sembra ieri e invece sono passati ben 25 anni. Infatti, proprio quest’anno il GoaBoa Festival compie un quarto di secolo, ma… a dirla tutta non li dimostra affatto, in quanto lo spirito di allora è rimasto fedele a se stesso e ci ha accompagnato nella musica, mostrando una tenace attenzione non solo al passato, ma anche al presente.

Il festival ha, da sempre, ricercato e trovato una sincrasi ben calibrata tra artisti emergenti e nomi altisonanti, in un cocktail in grado di raccogliere consensi ampi. Un viaggio trasversale che dallo Ska dei Persiana Jones ci ha trasportato tra linee poetiche e dei La Cruz e del poliedrico Beck, sino alla Trap di Sfera, Tedua e Dark Polo Gang, protagonisti di un sentiero che dal 1998 rappresenta per Genova e la Liguria una vera e propria tradizione, in grado di raccontare diversificate sonorità attraverso live mai banali. Un mondo indissolubilmente legato ad una scenografia spesso scelta tra i luoghi storici di un capoluogo culturale, operaio e più che mai vivo.

Dopo un dolce vagare, però, da qualche anno il festival ha scelto la suggestiva location del Porto Antico, proprio al fianco degli storici Magazzini del cotone. Una piazza unica posta al bordo del mare, in cui giungono artisti nazionali e internazionali che Genova non è riuscita a regalare nei suoi mesi invernali.

Il concerto.

Armato di tappi per le orecchie (l’acufene ormai non mi dà tregua da molti anni) entro nell’arena del mare con la stessa emozione e la medesima curiosità di vent’anni addietro; mi guardo intorno e vedo molti capelli grigi in attesa di Peter Hook, storico bassista e cofondatore di Joy Division e New Order. Le magliette di Cure, Unknown pleasure e Bauhaus sfilano tra le aree ristoro, mentre sul palco sale Visconti, giovane cantautore in grado di mescolare l’energia post-punk all’arte cantautoriale. Una miscela riuscita, che incuriosisce i primi convenuti, pronti ad osservare rabbia espressiva e “ammorbidente” ironia, atta a definire un gioco ciclotimico di sensazioni, che trova il proprio apice espressivo ne Le idi di marzo, punto da cui iniziare se ancora non conoscete il mondo di Visconti.

Il mega schermo che campeggia sopra al palco annuncia poi l’arrivo dei Planet opal anch’essi, come Visconti, posti sotto l’egida della Dischi Sotterranei. Il duo, composto da Giorgio Assi e Leonardo De Franceschi, trova ispirazione nel mondo micro-wave, qui rivisitato da sviluppi Groove, battiti altronici e venature post-disco, alimentati da drum machine, suoni sintetici e rintocchi acustici, in cui ritroviamo macerie Rock, Punk e stilemi Rave, pronti ad anticipare l’atteso reading di Irvine Welsh, invitato a celebrare i 30 anni del suo libro cult: Trainspotting.

Al cospetto di un sottopalco silente ed osservativo, l’autore scozzese ha dato lettura di alcuni stralci estratti dal suo romanzo d’esordio ma, ad onor del vero, la performance ha perso sin da subito la sua verve. Difatti, ascoltare lo slang tipico degli estremismi narrativi di Welsh, raccontati con l’accento scottish senza sottotitoli, ma soprattutto senza il testo originale pronto a scorrere sul mega schermo, non è stato certo facile per i più. Proprio a seguito di questa difficoltà si è creato tra i presenti qualche perplessità, dimenticata poi durante il dj set finale.

Dopo una breve pausa ecco arrivare il climax della serata: Mr. Hook. Sono le 10:20 circa quando le quattro corde Center Erites iniziano a riportare a noi il mondo di New wave degli anni ’80, attraverso un suono propulsivo, avvolgente e ritmico, pronto ad incanalare i ricordi emozionali dei convenuti.

I temi cromatici delle luci sul palco affondano, sin da subito, in tonalità fredde, ideali per raccontare il mondo oscuro, che ha travolto in maniera germinare il triennio ‘77-‘80 prima e ‘81 -‘93 poi.

Il live, peraltro unica data italiana del tour, come d’attesa, ha portato in dote una set list straordinaria, perfetta nell’offrire agli adoranti convenuti un breve viaggio tra le note immersive e senza tempo di Unknown Pleasure e Closer, riportando in vita le oscure note di due LP di culto.

Così, i circa novanta minuti di live hanno definito la serata attraverso le danzanti note di Disorder, Insight, Colony e Twenty Four Hours, giungendo alla disillusione di Decades, alle emozioni cupe di Cerimony, sino alla liberatoria Love Will Tears us apart, anthem terminale di un live in cui le toniche sono riuscite a varcare i ricordi facendoli battere ancora.

E ora?

Ripensando alla serata di ieri, ora, potrete estendere i vostri confini musicali dando credito ad un programma vivo e ricchissimo che il GoaBoa regala alla Superba: l’emozione di Alice che canta Battiato, l’energia trainante di Salmo (consigliatissimo), l’eleganza musicale dei Baustelle, l’elettronica di mitici Kraftwerk, senza dimenticare il Pop Punk degli Omini.

Insomma date uno sguardo al programma che si nasconde dietro la riuscitissima cover art del manifesto e, se potete, tornate sotto quel palco che da 25 anni racconta la musica.