Il Pan del Diavolo

pan.jpg

Un scimmia in Gorillaz Style, appollaiata su di un trespolo, ci introduce nel mondo tinto carminio raccontato dalle undici nuove tracce de Il pan del diavolo, combo palermitano che esce ancora una volta per la Tempesta dischi. All’attuale e vivace aprile, si aggiunge, infatti, questa nuova release Piombo polvere e carbone, che ricostruisce la struttura proposta nel precedente Sono all’osso, attraverso un inevitabile maturazione di intenti, raccolti attorno al buon potere di impatto che Alessandro Aloisi e Gianluca Bartolo riescono ad ottenere attraverso un uso musical-minimale che si rifà alla nobiltà blues e alle striature tipiche dei brothers duet anni trenta, rivisitati però alla luce di una base folk pop contemporanea.

Il disco, arrangiato e suonato con Antonio Gramentini e Diego Sapignoli, mostra un ottima cura di post produzione e di songwriting alquanto diretto, genuino e per certi versi sognante, capace di definire un ottimo continuum narrativo interrotto però bruscamente dalle foto di Cecilia Ibanez che non riescono a fornire il giusto ambient. Infatti il booklet sembra rimanere affamato rispetto alla buona mano di Andrea “The And” Sartori, che lascia il posto ad una (forse) metaforica esposizione fotografica che parte dai toni di grigio per giungere ad un dischiuso colore, in cui il solo e misurato richiamo rosso di Persia sembra fornire un leggero trait d’union.

Ad Aprire il nuovo full lenght è il suono di una chitarra d’oltreoceano, tra corde strappate, ritmo ondulante e sensazioni onde road, che si fanno climax verso un intensificazione del proprio registro. Ad preannunciare il buon outro è l’ accorto lirismo, specchio venato di una società a tratti indecifrabile, che in una corsa senza punteggiatura ci introduce in un allucinatorio onirismo narrativo. La sensazione disorientante pervade anche la seguente Scimmia Urlatrice e il suo country blues dalle corde pulite, che arriva a citare il contemporary bluegrass e i sentori Ronin

Con Donne d’Italia l’ascoltatore riesce a proseguire senza ostacoli sulla via dei desertici sentimenti esternati, con il loro ritmo incalzante, tra grancassa ben modulata ed un lirismo che deve raccogliere capacità lessicografiche per riuscire a ben definire le immagini che il tracciato propone. Proprio in episodi come questi ritroviamo anche gli stimoli cantautoriali di Rino Gaetano, attraverso uno critico spirito politico che con coscrizione preannuncia La velocità. I ritmi si fermano in ossimoro, si fanno più profondi e la voce trova un assestamento ideale nel suo andamento nu blues, ritrovando poi nella velocità il senso di questa vita raccontata dal mellotron e dal buon bridge sonoro che si fa rock, per poi cambiare direzione confluendo in un assolo vintage davvero incisivo nella sua chiusura.

Con la titletrack si innalza poi lo sguardo nuovamente verso un trascinate andamento senza troppi compromessi, in cui le note si caricano e i plettri pestano sulle corde inseguendo una perfetta armonia, impreziosita da un blando rumorismo terminale, che lascia spazio alle percussioni di Dolce far niente. Proprio da qui si intravede prima l’armonica ritmica di Luca Macaluso, al servizio di una traccia lessicalpunk rock’n’blues e poi unVento fortissimo, riflessivo e vedderiano. La deliziosa apertura per una delle migliori composizioni di questa seconda opera artistica della band, si evolve in un brano raccontato con gentilezza, tra slide e metrica cadenzata, per autodefinirsi proto manifesto folk rock, cima che i Pan del diavolo stanno scalando progressivamente grazie ad un impatto immediato e ben definito anche in presa live

Il disco non manca poi di visioni dobrotico-distorsive (Libero) in cui il tappeto ritmico metodico e ridondante si offre al basso resofonico di Massimo Shiavelli, nè di concezioni melanconiche (Fermate il tempo) chesi attorcigliano su La viliore, definita ancora dagli allestimenti nordici del bluegrass, in cui il battito di grancassa rende sofferto e narrativo il brano, anticipando la chiusura stranita di La differenza fra essere svegli e dormire, in cui gli spazi dilatati si uniscono ad un testo ermetico. Il banjo soffuso e i fiati in reverse ci trainano in un mondo intercalato tra realtà e sogno, in un limbo letterale e musicale che ci accompagna in un aurea di stranita psichedelica samanatica, per una sorta di epifonema che rende questa seconda opera più solenne e preziosa.

Tracklist:

– Elettrica
– Scimmia urlatore
– Donna dell’Italia
– La velocità
– Piombo, polvere e carbone
– Dolce far niente
– Vento fortissimo
– Libero
– Fermare il tempo
– La viliore
– La differenza fra essere svegli e dormire