Il silenzio delle vergini ” Colonne Sonore Per Cyborg Senza Voce”, recensione

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Questo è uno di quei dischi che comprerei alla cieca, senza saperne genere, stilismi o riferimenti. Perché? Perché vi basterà osservare la cover art per rendervi conto che Il silenzio delle Vergini (già di per sé straordinario monicker) portano con accortezza idee immerse in onde sonore originali e prive di banalità. Un chiaro indizio del giusto sentiero appare essere il disequilibrio tra il titolo del full lenght (Colonne sonore per cyborg senza voce) e la set list che mi ha riportato alla mente la follia dissacrante degli Apisonadora nonché () dei Sigur Ros se solo non sapessi del mondo shōnen. Proprio la pressoché totale (ma apparente) assenza di titolazioni mostra sin dal primo sguardo l’idea di un coraggio compositivo che risuona tra echi rocknoise e cripto metalinguaggio indirizzato alla ricerca naturale di un art-sound in grado di donare voce all’algida ed inquieta immagine di copertina.

Il disco, promosso dalla (R)esisto, si arrampica verso un suono poliedrico indefinito e diversificato, le cui radici affondano nella ricerca “concept-uale” del mondo manga da cui il deaus ex machina Armando Greco sembra prendere riferimenti espliciti. Infatti proprio dal mondo di Shotaro Ishnomori si parte verso sensazioni aride, distopiche e tecnocratiche che a tratti portano inevitabilmente alla straordinarietà asimoviana. Così, manipolando trame visionarie e a tratti occlusive, le ombre del “Fantasma nero” rivivono grazie alla sezione ritmica di Graziano Bonura e Fabio Tagliorelli
Ad aprire il soundtrack è l’introduttiva 001, in cui il celato tema della telepatia emerge dalla reiterata impronta iniziatica su cui si innestano onde nuove, il cui andamento metodico rivolge lo sguardo alla drammaturgia psych di 002. Note disturbanti che battono sui timpani di un veicolante dna, qui in grado di intercalare le sfumature che intercorrono tra uomo e macchina. Un mondo narrato che si fa dark con 003, traccia marcatamente new wave anni’80. Una fredda composizione nereggiante in cui implosioni emozionali dividono l’inquadratura con lontani background ossessivi e piacevolmente onirici.

Lo guardo filmico non accenna a cessare andando a posarsi su 004 (Non ho) realizzata in featuring con Brave Beltempo, abile nel donare nuove spezie ai cambi direttivi, dettati dal girovagare della sei corde e da una reale magnificenza alla bass line.

I meandri della fantasmagonia nera evolvono poi verso la struttura granulare di 005 e i sentori noise di 006, pura arte espressiva dal riffing ribassato, pronta a definire uno dei passaggi più avvincenti del concept. Infatti, proprio grazie al blando rumorismo integrato, la metodica sonora riesce ad avvolgere l’ascoltatore in modo da intrappolarlo all’interno di una dimensione irreale, pronta a identificarsi in 007; un climax espositivo ideale nel ridefinire i confini del proprio ego, riuscendo a mutare se stessa attraverso intuizioni post rock, deturpate da idee noisy e teatralità.

Un disco di certo in grado di raccontare una lunga storia di cui attendiamo il prosieguo.

Tracklist:

001

002

003

004 (Non Ho)

005

006

007