Invinofender

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Dopo meno di due anni dall’uscita del timido extended played d’esordio, gli Invinofender arrivano all’atteso debut con A Foolish Rush, licenziato dalla Seahorse Recordings, ormai presenza abitudinaria delle nostre pagine. La creatura di Paolo Messere pone le proprie mani su undici tracce indie rock, imperniate su un songwriting interessante, posizionato tra il rifiuto di stereotipi e convenzioni e la fuga dalle consuetudini, ben metaforizzata dalla cover art curata da Michele Lo savio e Antonio di Rosa, in cui un dinamico crash test dummie fugge dalla città, simbolo di modernità e consumismo in cerca di un diverso paradiso ( is this a paradise for you and i? is this paralyzing my mind?.

La band si propone all’ attento target indie pop rock che, senza troppi dubbi, apparirà pronto ad accogliere una nuova ondata di note aperte ad antichi clamori e inevitabili parallelismi anni ’90; infatti, ascoltando lo straordinario soft-rock di Paralysed e soprattutto l’opener April & Shower, apparirà inevitabile un raffronto con i Radiohead di The bend. L a traccia iniziale si propone come solida presa sonica per un disco stimolato da sonorità semplici ma mai banali, se volete già ascoltate, ma di certo aventi uno scheletro ed un’identità stabile. Atti dimostrativi sono la lineare Dust e gli ottimi back voice di The Hush behind, grazie ai quali si amplifica una già chiara profondità che va ben oltre alle spezie brit, assestandosi su un lieve tappeto electro, per maturare in seconda battuta su un’aria compositiva davvero interessante.

Se poi con perfetta Charming il plettro sulla sei corde apre a graziose vibrazioni retrò, è con Distance scars che emerge la volontà di restituire un andamento dolcemente indie, pronto a farsi intimista nell’atmosferica Again. Il quintetto, ben diretto nella fase produttiva, scioglie gli indugi sia attraverso i giochi sonori di Modern civilization benefits, tanto semplice quanto d’impatto, sia con il rock taste di Thinghs change e Catch the music in the room, dolce ballata tanto visionaria quanto poetica, i cui caldi colori chiudono un sentiero sonoro che mostra una band nostrana in grado di superare i confini dello scetticismo.

Forse qualcuno potrà dire che gli Invinofender ancora debbano dimostrare di riuscire nel tentativo di allontanarsi dagli schemi del loro fertile retroterra culturale, ma state certi che il disco conquista e convince anche nelle sue piccole ed inevitabili sbavature.