Iron Maiden “European Legacy of the beast Tour 2018” Milan

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Parlare in maniera oggettiva dei Maiden, per me, non è stato facile, e oggi, ancora una volta, mi ritrovo a dover recensire un live, o meglio uno spettacolo, quasi impeccabile… proprio quanto ineccepibile è stato Bruce Dickinson, straordinario frontman di una band senza tempo. Facendo outing, confesso però di non aver mai amano in maniera indefessa l’Air raid siren, probabilmente perché alla sua voce così pulita, sin dagli albori degli anni’80, ho preferito graffi differenti, ma ancora una volta ieri mi sono reso conto di quanto il quasi sessantenne songwriter non solo sia un incredibile intrattenitore, ma anche e soprattutto uno straordinario performer.
Proprio da qui vorrei partire nel raccontare a chi c’era e a chi non c’era un live davvero perfetto, retto da ottave alte e stabili, coup de theatre e un’empatia rarissima ormai radicata nel Pit.

Complice una scaletta ricca di sorprese attese (perdonate l’ossimoro), il cavalcante live ha avuto un poderoso impatto tra i 20000 presenti all’ippodromo milanese dove, peraltro, l’organizzazione del Milano Summer Festival mi è parsa superiore ad altre kermesse estive (di cui però ovviamente non vi dirò il nome). Infatti, il buon suono e l’ottima visibilità ha permesso a tutti i convenuti di godere appieno di uno show straripante, in cui l’allestimento, forse meno “colossale” del precedente Book of souls world tour, è apparso come sempre straordinario: fiamme, giochi pirotecnici, aerei, drappi e un palcoscenico su più livelli. Ai lati del palco due enormi schermi hanno poi permesso di godere in altissima qualità dei dettagli e dei primi piani di un maestoso Murray, che nonostante un doppio mento poco estetico ha duettato con maestria con Adrian Smith e Janick Gers, il quale (ahimè) anche questa volta non ha resistito alle folleggianti movenze sopra le righe, proprio mentre l’aplombe di Sua Maestà Harris mostrava come sempre un ardore immane.

A dare battesimo a questa nuova performance è la voce di Winston Churchill che ci invita, tra acuti e cavalcanti bass line, a volare tra i cieli di una Londra bombardata dai nazisti. Proprio la guerra, rievocata da un Supermarine Spitfire apparso da dietro le quinte, appare l’iniziatico trait d’union della setlist, composto dai vertici sonori di Where eagles Dare e l’esecuzione priva di ombre di 2 minutes to midnight, pronta ad infiammare il calore altalenante dell’adorante pubblico.

La spettacolarizzazione dei brani viene sin da subito accentuata dai costumi di scena di Dickinson, come sempre abile nel giocare con la narrazione, proprio come dimostra la riuscita rivisitazione di Sign of the cross, arricchita ma non snaturata. Lo spettacolo trova poi linfa vitale tra le note di The Trooper durante la quale appare on stage un minaccioso Eddie armato di spada, e Flight of Icarus climax epocale ai margini della quale il frontman inizia a sparare fuoco sopra la testa del tarantolato McBrain. Il lanciafiamme in dotazione a Dickinson sorprende gli sguardi aumentando il pathos narrativo, qui accompagnato da una mastodontica scultura (gonfiabile) di Icaro proteso verso il cielo. Dismessi poi i panni vittoriani indossati per Fear of the dark, si inizia a scendere tra le fiamme infernali di The number of the beast e la conclusiva Iron Maiden durante la quale, come da tradizione, emerge il mefistofelico Eddie che popola il merchandising di questo atteso EuropeanLegacy of the beast Tour.

Ma il grande finale è ancora da scrivere perché quasi tutti sanno che oltre a The evil that men do mancano le note cupe di Hallowed be thy name e Run to the hills, con la quale si accendono le luci su un folto gruppo di soddisfatti astanti d’ogni età.

Up the Irons

Aces high
Where eagles dare
2 minutes to midnight
The clansman
The trooper
Revelations
For the greater good of God
The wicker man
Sign of the cross
Flight of Icarus
Fear of the dark
The number of the Beast
Iron maiden
The evil that men do
Hallowed be thy name
Run to the hills