Iron Maiden Milano 2016

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Sono tornati, ed ogni volta rimango stupefatto. Un vortice emozionale senza uguali, in grado di trainare un’empatia davvero straordinaria.

Signore e signori ecco a voi una delle più influenti heavy metal band: gli Iron Maiden.

Dopo molta attesa il Book of souls tour 2016 arriva in Italia portando in dote uno show energico, coinvolgente e ben bilanciato, in cui lo storytelling dell’ultima fatica discografica funge da esoscheletro portante di una setlist in cui mancano molti classici, ma che, tra sorprese e accortezze, giunge ad offrire un percorso a ritroso piuttosto convincente.

Il primo concerto italiano del 2016 restituisce al pubblico una band senza confini, in grado di vivere il proprio successo attraverso una verve espressiva unica, proprio come dimostrano le movenze teatrali di Dickinson, che sembra voler riportare in auge gli antichi fasti del World Slavery Tour.

Proprio allo stato di grazia del 1984 il sestetto sembra ispirarsi, anche nel dare l’impronta estetica alla scenografia che, come da (ultima) tradizione, permette diversificati percorsi allo scatenato frontman. La ricostruzione di secolari rovine appare location ideale per i fumi narrativi di If eternity should Fall, atto iniziatico, ottimale per portare gli astanti all’interno di uno spettacolo piacevolmente vincolato al doppio disco dei Maiden.

Sin dalle prime battute la sensazione è stata quella di essere di fronte ad una band in stato di grazia, nonostante alcune perplessità vocali in The Tropper e Death or glory. Infatti, la straordinarietà esecutiva dell’attesa Hallowed be thy name e della partecipativa Fear of the dark sono apparse impeccabili fotogrammi di un film che riesce sempre a travolgere e sorprendere.

Come da attesa le tracce eseguite dal vivo, ancora una volta, hanno raccontato la storia di cinque musicisti superbi nella loro diversità: la sorridente compostezza di Murray, la pacatezza di Smith, la potenza di Steve Harris e (perdonate la franchezza) l’invasiva verve di Janick Gers, che continuo a vivere come una sorta di simpatico e vivace intruso (…inconsciamente non ho mai accettato il suo inserimento nella band).

Il live, durato due ore precise, scivola veloce, cadenzato dagli assordanti cori da stadio che i presenti tributano alla band , pronta a giocare sul palco tra sudore e rincorse. Un reggiseno ( che di li a poco finirà sulla testa di Adrian Smith) fa sorridere un Dickinson loquace, pronto a ricordare l’uomo triste e gentile a cui è (In)direttamente dedicata Tears of a clown, per poi attraversare le lande desertiche della mitologica Powerslave inno generazionale di quei molti (moltissimi) hmk degli anni’80.

L’entusiasmo trova però il suo apice sulle note primordiali di Iron Maiden, durante le quali ritorna in scena la maestosità di Eddie, in una delle sue più riuscite forme dai tempi di The number of the beast che, come da copione, riempie ancora i cuori dei presenti attraverso i leggendari riff, ma anche mediante le demoniache presenze incombenti sopra la testa dell’immenso Nicko Mc Brian.

A chiudere il live è l’inusuale scelta di dare risalto a Blood brothers, estratto da uno degli album più sottovalutati dell’ensemble, e la maestosità di Wasted Years in cui le back voice del proprio autore (Smith) danno il saluto finale ad un festante Forum.

Up the iron!

Setlist

If Eternity Should Fail
Speed Of Light
Children Of The Damned
Tears Of A Clown
The Red And The Black
The Trooper
Powerslave
Death Or Glory
The Book Of Souls
Hallowed Be Thy Name
Fear Of The Dark
Iron Maiden
The Number Of The Beast
Blood Brothers
Wasted Years