Kekele – Congo Life

copertina di Congo Life dei Kekele

Dopo il ciclone Buena Vista Social Club anche l’Africa ha capito che per conquistare il mercato internazionale non è indispensabile infarcire la propria musica di suoni elettronici. Me ne rallegro, perché mai come in questi ultimi anni molti artisti africani stanno tornando ad incidere dischi acustici appositamente studiati per il mercato europeo e americano.

Congo life, così come il primo disco dei Kekele, Rumba Congo (Sterns, 2001) si inserisce in questo trend nostalgico con una certa autorevolezza e con una discreta dose di sincerità. Congo Life è dunque un disco acustico di autentica rumba congolese, che ci fa dimenticare per 62 minuti tutto il soukous e il fast soukous degli ultimi 20 anni. Ma andiamo con ordine.

La storia della musica moderna congolese, così come quella di molti altri paesi africani, parte dal trauma culturale dell’epoca coloniale, che ha visto in molti casi, e soprattutto nelle zone urbane e costiere, l’imposizione della musica dei coloni a discapito delle tradizioni autoctone. L’influenza è rintracciabile non solo nelle melodie della moderna musica africana, ma anche nell’uso di strumenti quali la chitarra, la fisarmonica, il sassofono e la tromba.

Ma, a partire dagli anni ’40, i musicisti africani conobbero la musica latino-americana, soprattutto il son cubano, il mambo, la rumba e il cha cha cha, e ne rimasero folgorati. Le orchestre di rumba spuntarono come funghi in tutta l’Africa centro-occidentale, e in Congo nacque, ad opera di artisti quali Tabu Ley e Franco, quella che oggi è considerata non solo la musica congolese per eccellenza, ma che ha influenzato, nel corso della sua evoluzione, il modo di suonare (e di ballare) dei giovani africani e delle comunità nere del mondo intero.

In pratica, sulla base della musica latino-americana i congolesi cominciarono a reintrodurre elementi tradizionali, rintracciabili nell’uso morbido e sinuoso della voce, nei ritmi e, soprattutto, nell’uso fortemente ritmico delle linee di chitarra. Nel tempo la rumba acustica è divenuta soukous, una sorta di rumba accelerata ed elettrica i cui interpreti sono vere e proprie star come Koffi Olomide e Papa Wemba, e che ha segnato l’esplosione dell’afro-dance nelle discoteche africane e internazionali, a cominciare da Parigi.

Forse in Africa un disco come Congo Life risulterebbe nostalgico e anacronistico. Ma i musicisti che compongono i Kekele risiedono a Parigi, e probabilmente sanno bene che il pubblico internazionale li apprezzerà. I Kekele sono veterani della musica congolese. Il cantante Nyboma Mwam Dido è stato, assieme a Syran Mbenza (chitarra) e Wuta Mayi (voce), uno dei fondatori del gruppo Quatre Etoiles, famoso negli anni ’80. Assieme agli altri due cantanti Loko Massengo e Bumba Massa, vantano numerose collaborazioni con i giganti della rumba come Franco e la sua OK Jazz, Tabu Ley e i suoi African Jazz, Sam Mangana e i suoi African All Stars. Papa Noel, chitarrista sessantenne e icona dell rumba che suonava nel primo disco dei Kekele, è qui sostituito da un altro grande chitarrista e compositore: Rigo Star. Che firma anche uno dei brani più belli dell’album Oyebi Bien.

Insomma, i Kekele sono senz’altro professionisti esperti e bravi. Forse non possiedono l’autorevolezza di Tabu Ley, l’ironia e la carica di Franco, il lirismo romantico di Sam Mangwana, l’innovatività di Papa Wemba o la sensualità di Koffi Olomide, ma sono riusciti a confezionare un disco nel suo genere quasi perfetto, in grado di produrre un’atmosfera leggera, serena e allegra. Alle impeccabili linee di chitarra acustica di Mbenza e Star si sovrappone una sezione di percussioni dal forte sapore latino, una bella sezione di fiati (sassofono, tromba e clarino) in grado, oltre che di accompagnare, anche di lanciarsi in qualche assolo non scontato e persino bello, una fisarmonica, e persino un violino e una marimba, strumenti non usuali nella rumba congolese ma perfettamente integrati nel contesto.

Le voci di Nyboma, Mayi, Massengo e Massa sono morbide, limpide e quasi liriche, nel puro stile congolese, e i cori sono altrettanto belli. La registrazione è davvero buona, la copertina è bella e il libretto ricco di informazioni e fotografie, ma questo era da aspettarselo, conoscendo l’ottima qualità delle recenti produzioni dell’etichetta Sterns.

Perché allora “quasi” perfetto? Perché forse manca appena un po’ di spontaneità, di cuore, vorrei dire di ingenuità. Non riesce a nascondere del tutto la consapevolezza di artisti e produttori che questo è un prodotto nato per vendere. E venderà. Io l’ho comprato, e dopo questo ho comprato anche il loro primo disco, e non me ne sono affatto pentito.