Kraanston “Dead Eyes”, recensioni

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Sarà la mezza età, sarà l’esperienza maturata in 20 anni di recensioni, sarà la noia della perfezione… ma quando mi arrivano piccoli dischi come questo Dead eyes mi ritrovo a riempire fogli bianchi di parole dettate da ricordi e dalla nostalgia. Infatti, l’extended played dei Kraanstom mi è subito apparso sotto la granulare forma di un tuffo nella grezzezza audio tipica del tape trading anni’80.

Ma partiamo dal principio.

I Kraanston sono una band (neo)nata nel 2016 come spinoff degli Homicide Hagridden, pronta (con il beneficio del dubbio) ad affacciarsi sul panorama heavy attraverso sonorità deliziosamente lo(lo)-fi, in grado di dare maggior risalto alle atmosfere legate da accordature ribassate. Lo spirito DIY è evidente ponendo in palese primo piano i pregi e i difetti di un demo che mi ha portato alla mente la corruzione sonora delle demotape del primo norvegian black metal.
Pertanto se siete puristi del suono state alla larga, ma se siete (come me) cresciuti con tdk da 90 allora siete pronti a dare ascolto a queste tracce in cerca di un’etichetta. Quattro tracks intrise di citazionismi seriali, polveri e graffiature che hanno inizio con gli sfregi di Cargo Cult in cui la voce di Insalaco (sporcata da un timbrica lacerata ma mai delineata verso percorsi estremi) si annoda alla profondità di una bass line, reale cuore di una traccia costruita su metodiche classiche, ideali per restituire spazio a guitar solo e tempi lineari.

Proprio l’andamento emozionale della traccia d’overture trova un cambio di direzione in cui sopravvivono richiami doom ed heavy dei primi anni ’80. Anni in cui la voce del frontman sembra voler vivere, mostrando similitudini accennate alle composizioni più melodiche di Steve Sylvester.

Da qui si riparte verso l’impronta rude e battente di Kraanston, in cui le pelli primitive e minimali definiscono i contorni di un cripto stoner al servizio di un brano in cui entrare piano piano, esattamente come accade per Tunguska, di certo tra le migliori intuizioni di questo piccolo EP.The course is in the sky infatti, oltre a richiamare marciume e deformazioni di un lontano black, appare contenitore obliquo di una mescolanza di generi, da cui eruttano note influenzate da idee dilatate che si aggrovigliano poi nella brevità thrash di The danger, in cui l’asprezza espressiva si accompagna a finiture inattese.

Ora non ci resta che attendere il lungo passo.