Kuadra “Il bene viene per nuocere”, recensione

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Dopo qualche anno torniamo a parlare dei Kuadra, band vigevanese ancora saldamente ancorata alle più classiche forme spigolose di Crossover, qui immerso nel liso tessuto sociale da cui provengono e a cui fanno riferimento. Il secondo full leght appare come l’atteso compendio di rap metal venato di altronica, innestato all’interno di un fisiologico e fonologico intento di restituire al nu-metal un’attenta commistura di suoni.

L’album, registrato presso il Mordecai studio di Como sotto la produzione artistica di Marco Molteni, apre i propri battiti con Il bene, il cui inusuale metro espositivo, definisce una sorta di apocrifa preghiera in spoken words, dilatata e definita attraverso una voce dolorante e sofferta, qui appoggiata su di una semplice e ridondante ritmica alla sei corde, caratterizzata da spezie impercettibilmente post. Ma è con la seguente Crash Test che l’ascoltatore ritorna in maniera consapevole al mondo dei Kuadra che abbiamo conosciuto qualche anno addietro. L’origine ci riporta ad una mescolanza heavy stoner macchiato rap-core, tra leggeri cambi direzionali, posti al servizio di un climax sonoro pronto a cambiare obiettivo verso una voce filtrata e sporcata dagli intenti narrativi.

Il disco non manca di certo di approcci visionari ( Lasciami Entrare) e post grunge ( Cervelli nella vasca), né di piccoli ed inattesi spunti elettronici ( Thomas Sankara), adeguati a venature ipnotiche e regressive. Se poi con Nuove cure mortali si percepisce un’interessante rabbia pulsante, è con l’interessante Molotov che la stessa si fonde ad un’incontrollabile schizofrenia tirata e drammaturgica, ben innestata all’interno della storia antisociale che vuole raccontare.

Tra i brani più riusciti di questa nuova opera annoveriamo l’intuito industrial di Lo sciamano, i cui colori timbrici vanno ad appoggiarsi ad una sezione ritmica davvero ben calibrata, e il diretto impatto di La culla, in cui la voce di Y si cuce sul riff portante, ottimizzato per evoluzioni interessanti che vanno chiudendosi verso I nostri Eroi, traccia
fondata su di una linea di cantato tipizzata nel ri-esplodere in un inusuale punk hc senza schemi.

Un disco dunque che ripercorre in maniera attenta la via iniziata con l’esordio…ora il difficile sarà rinnovarsi.