Le Capre a Sonagli “Il fauno”, recensione

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Il fauno era il Dio della campagna, dei pascoli e dell’agricoltura, suonatore di flauto e portatore di istinti sessuali. Il suo aspetto, raccontato dalla mitologia romana, era quello di un uomo con le corna sul capo e le gambe da capra.

Tornano sulle nostre pagine Le Capre a Sonagli, folle e disarticolato combo formato da Stefano Gipponi, Matteo Lodetti, Enrico Brugali e Giuseppe Falco. Il quartetto, spinto da idee chiare e convincenti, racconta quattordici tracce organizzate attorno a quattro suite legate ad un particolare fil rouge narrativo, rappresentato da un curioso e surreale personaggio: Joe Koala.

Il piccolo personaggio viene raccontato attraverso una ricercata mescolanza onirica, richiamata dalla dicotomia grafica del video clip portante, in cui l’animazione in decoupàge si mescola ai filtraggi delle riprese dal vivo, giungendo a simulare le tradizionali tecniche di rotoscope. Da qui si parte per inoltrarsi in un surreale viaggio, punto cardine di un concept celato dietro al coraggio di raccontare suoni diversi.

A dare inizio al full lenght sono i due brevi minuti di Celtic, tracciato dalla piacevolezza estetica, in cui un arrangiamento semplice e lineare, offre gli spazi ad una piccola traccia cavalcante ed ipnotica, in grado di raccogliere sentori impolverati e giochi sonori, in cui la vocalità si pone sul medesimo piano rispetto alla moderata profondità acustica.
Lo spoken word finale, va ad anticipare il movimento percussionistico di Ciabalè, mettendo in evidenza un approccio onomatopeico dal sapore vintage. Un breve ed interessante divertissement, in cui la vocalità e i filtraggi musicali giungono a ricordare i primi Gorillaz. Sensazioni che tornano sui confini di Demonietto all’organetto , deliziato da riff e giocosità lessicali, vissute attraverso una sensazione fumettistica, atta a raccogliere a sé un insieme di elementi citazionistici, pronti a divertire l’ascoltatore attraverso strutture colorate e cartoonistiche .

Il trait d’union è però spezzato da sonorità nuove, in grado di contribuire ad un passaggio osservativo verso la tradizione sonora, tra stop and go e piccoli cambi cromati, legati ad un corpo strumentale ben definito, in cui si inserisce una forte corrente teatrale. Una marcata espressività interposta tra i periodi emozionali più interessanti, pronti a riferire delle danzanti note di Serpente nello stivale , da cui fuoriesce una venatura country.

Se poi con Uhaah! si intravedono sensazioni orientaleggianti dalla forzature funk, con i falsi finali di Anatra e le arie straordinarie di Bobby Solo, la band giunge a confermare la capacità di sorprendere il proprio ascoltatore, non solo grazie a titoli e storie visionarie, ma anche e soprattutto per merito di una naturale abilità nel armonizzare sonorità accattivanti (Nonno Tom e Joe), con ponderatezza osservativa (Slow) e jungle tribalistiche (Pausa Pranzo).

Tracklist
1. Celtic
2. Ciabalè
3. Tre e 37
4. Demonietto all’organetto
5. Serpente nello stivale
6. Giù
7. Nonno Tom
8. Uhaah!
9. Slow
10. Pausa pranzo
11. Anatra
12. Bobby Solo
13. Joe
14. Goo Porcaputtana