Le Formiche “Figli di Nessuno”, recensione

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Dopo qualche mese torniamo tra le note della 800A Records, label palermitana come sempre dedita alla promozione di artisti legati al mondo della Trinacria. L’armonico viaggio iniziato con Hank! e proseguito brillantemente con i Black eyed Dog e Venezia, giunge al debut de Le Formiche, sorprendente quartetto di artisti, in grado di mostrare una maturità compositiva piuttosto rara. Il debut, infatti, incanalandosi verso una struttura di songwriting modulata e coerente, offre dieci microstorie legate tra loro da un sottile trait d’union, che svela curiosi personaggi di un mondo difficile da affrontare. Storie raccontate da dietro le sbarre o da chi le sbarre rischia di viverle.

Proprio la narrazione delle indiscrete vicende appare il fulcro creativo della band, il cui andamento ciclotimico si mostra comunque legato ad una forma espressiva davvero convincente, che ha il merito di arrivare subito all’ascoltatore attraverso una valente capacità espositiva, che trova ispirazione da alcuni passaggi di Giancarlo De Cataldo, qui intercalato da sensazioni armoniche e meno spigolose.

I racconti appaiono come piccoli capitoli di un romanzo ad episodi, da cui emergono controversi sentimenti analizzati in forma pura, senza la scomoda e spesso inutile intenzione moralizzatrice o risolutrice. Un occhio attento ad un mondo complesso che sembra nascondere uno sguardo attentivo al contorno sociale di una quotidianità vessata dalle angosce.

Nel disco troverete venature diversificate che, partendo da ballad e strutture cantautoriali arriveranno a coinvolgervi tout court, attraverso sonorità dall’impatto armonico non distanti dal sapore vintage, tanto immediato, quanto avvolgente, come dimostrano la nera ironia di Non ho un lavoro e la perfetta titletrack. Il viaggio nel disagio naturale si avvinghia a personaggi cripto cinematografici che trovano il proprio apice in Francisco, nell’aria grease di Storie da prigione e nella crudezza di Sam Cardinella, in cui l’apporto della quattro corde definisce, tra stop and go e backing vocal, una traccia Vontrieriana. Se poi brani comeLe bombe appaiono di troppo facile impatto, di ottima fattura sembrano essere le strutture di La tristizza e Fortuna ispirata al miglior Bennato.

Un disco dunque che, attraverso il suo curato songwriting e le sue armonie cantautorali, si offre a noi come un’opera che cela una splendente e fulgida cassa di risonanza.