Ligabue – Mondovisione – recensione cd

cd cover

È già passato più di un mese da quando è uscito il nuovo disco di Ligabue e ammetto di averlo ascoltato a ripetizione, come non facevo da mesi con nessun altro “esemplare di plastica”. Anche se nelle recensioni esiste una “legge non scritta” che consiglia di evitare di anticipare troppo il proprio giudizio generale, rompo gli indugi e dico subito che, a mio avviso, questo è il suo album più convincente di sempre, in pratica il più bello. Il suo “Arrivederci mostro” mi aveva deluso parecchio a dire il vero ed il fatto che il nostro ne pubblicò quasi subito una nuova versione totalmente acustica, probabilmente significa che qualcosa non era andata proprio nel verso giusto.

“Mondovisione” invece è tutta un’altra cosa e così ogni pezzo sembra curato per lasciare il segno e per durare. Le danze si aprono in modo forse prevedibile, cioè con un pezzo rock di quelli da togliere il fiato, intitolato coerentemente “Il muro del suono” con tutte le chitarre sparate a mille. Musicalmente aggiunge poco alla tradizione del rocker di Correggio, mentre il testo è una critica al vetriolo nei confronti di coloro che sono al top del potere politico economico (“chi doveva pagare non ha mai pagato l’argenteria” ) ed hanno creato il casino in cui tutti noi stiamo vivendo oggi. La speranza del Liga è che anche una sola canzone possa ancora cambiare le cose (“il cerino sfregato nel buio fa più luce di quanto vediamo”) e dare la scintilla a un mondo nuovo. Fulmicotone. Nell’accoppiata seguente il ritmo frena (ma di poco): “Siamo chi siamo” è dedicata agli imprevedibili giochi del destino nella nostra vita, che dobbiamo comunque cercare di accettare e far accettare, mentre ne “il volume delle tue bugie” il bersaglio pare proprio essere la televisione (ma forse è una mia chiave di lettura) con tutto il suo vuoto di contenuti. Entrambe splendide. La prima ballata lowtempo “La neve se ne frega”, che inizia acustica, è molto malinconica là dove i versi vanno e ritornano dal tempo meteorologico al tempo dei sentimenti, per un invito a viverli con pienezza e sincerità. All’altezza dei suoi classici.
Dei singoli già usciti, , “Il sale della terra” e “Tu sei lei” non voglio dire nulla di più per motivi di sintesi se non che il loro approccio radiofonico conferma la bontà della scelta di considerarle “porta bandiera” dell’album.

Bellissima “La terra trema amore mio” a lui certamente molto cara, in quanto emiliano d.o.c., che descrive il sentimento dei terremotati: “i figli van tenuti in braccio, ognuno con le sue domande da fare a Dio”. La difficoltà delle persone che si amano di riuscire a consolarsi reciprocamente “fra polvere e rottami” è descritta con il giusto pathos e resta da brividi. Commuovente. In “Per sempre” invece Liga analizza i rapporti che segnano la vita dell’uomo, come quello con i genitori o con il proprio primo amore senza che, volenti o nolenti, si riesca a staccarsene (“come sarà mai portarvi dentro tutto il tempo”),.

Non poteva mancare poi un pezzo sulla crisi delle famiglie “Ciò che rimane di noi” dalla quale emerge la speranza che, dopo tutto quello che stiamo vivendo (“è un natale molto duro sembra vuoto dentro su ogni tuo regalo non c’è scritto niente, quando sai com’è l’abisso non sei più lo stesso”) si riuscirà obtorto collo a contare sulle nostre forze e risorse più intime, magari misconosciute anche a noi stessi (“però alla fine di questo dolore potremo sempre comunque contare su ciò che rimane di noi”).

Quasi un revival autobiografico, infine, “Con la scusa del rock n’roll” (che chiude un’ipotetica trilogia con “In pieno rock n’roll” da Fuori come va? del 2002 e la più vecchia “Sogni di rock n’roll” dall’album omonimo d’esordio del ’90) dalla carica esplosiva paragonabile ai suoi cavalli di battaglia storici come “Urlando contro il cielo”, “A che ora è la fine del mondo” o “Liber nos a malo”. Dinamite pura.

Chiudo dicendo che se nel 2013, con un solo mese di esposizione sugli scaffali, questo risulta l’album più venduto ciò significa che le persone spesso sanno distinguere la qualità (di musica e testi) quando c’è, e a premiarla….anche in questi maledetti tempi di magra.