Mckenzie “Mckenzie”, recensione

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Nei nostri brani si parla di dinamiche relazionali che improvvisamente non funzionano più e lasciano con la nera incertezza del “cosa rimane”

Dover spiegare il perché questo piccolo disco dei McKenzie mi abbia convinto sin da subito, mi costringe a riportare la mia mente ad un concetto che ha caratterizzato la mia adolescenza: il tape trading.

Ovviamente l’io dodicenne degli anni ’80 non aveva neppure lontanamente l’idea del cosa significasse tape trading…al tempo lo si chiamava “duplicazione su cassetta dei vinili introvabili”. Non c’era internet, eravamo liberi dal download e da insulsi file digitali. Amavamo il vinile, ma spesso non si riusciva a trovarlo.

Ascoltando l’omonimo extended played del powertrio calabrese la mente è stata rigettata a quell’io immerso in cassette personalizzate, tra suoni grezzi, genuini e deliziosamente privi di artifizi digitali. Sarà pertanto la nostalgia o l’approccio DIY..,poco importa, perché le cinque tracce registrate live dai Mckenzie racchiudono in sé l’essenza di una band che (fortunatamente) non virerà mai verso il mainstream.

Prodotto dalla band in sinergia con LaLumacaDischi, questo curioso esordio discografico si presenta racchiuso in un packaging cripto punk, realizzato a mano e reso cupo ed inquieto sin dalla scelta dell’artwork di Giovanna Gaetano.
L’album, pronto a mordere l’ascoltatore attraverso note dirette e spigolose, si apre con l’ottima overture 500 giorni di fiele, definito spigolo sonoro in cui appoggiarsi attraverso un uso della voce, che sembra voler raccontare la cupezza avvelenata di un mondo che si compone di intuizioni seventies e scompostezza post punk. Le battenti e reiterate pelli, infatti, ci accompagnano verso un onirico e ciclico universo, posto tra gradevoli distorsioni in grado di ricostruire un caratteristico habitat, qui annodato divergenti trame espressive. Un’aurea ruvida che si ritrova in Alba nera grazie alle bacchette di Frank McKenzie, abile nel trasferire all’astante una voglia Oi!, pronta a cambiare pelle più volte nel suo evolversi. Toniche mescolate a sentori noise che vivono e sopravvivono prima dell’implosione finale. Da qui ci si spinge poi verso rimandi citazionistici al mondo Ramones, per poi gettarsi tra le note de L’ultimo, in cui l’ensemble porta l’ascoltatore verso un reiterato vortice avvolgente, ma non troppo convincente. Un flusso di coscienza tribale che porta a raschiare le pareti di un mondo posto “al di fuori”.

Un debutto pulsante, posto al servizio di un disco piacevole (nel suo voler essere verista) e volutamente privo di artificiosi ”copia ed incolla”.

Tracklist
01. 500 Giorni In Fiele
02. Alba Nera
03. Fenice,
04. L’ultimo,
05. Negli Occhi Il Gesto