Meteor Chasma “A Monkey into space”, recensione

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Vi basteranno le prime cinque note per comprendere chi siano davvero i Meteor Chasma e in quale sentiero trovarli.

Arrivano da Potenza, sono attivi da soli tre anni, viaggiano a bordo di Music for People – Go Down Records e hanno dato alla luce un album stoner che rasenta la lode. Un album battezzato (in maniera impeccabile) dal magnifico mood di Spaceship 2346, in cui il riff portante ci traina a mezza via tra i primordi Sabbathiani e i vocalismi Soundgarden, qui resi aspri e graffiati.

Anche se sarebbe facile catalogare la band al di sotto della voce stoner, pur non vivendo la classificazione in maniera negativa ma bensì risolutiva, l’atto in sé potrebbe essere considerato riduttivo e non in grado di definire l’opera in maniera inequivocabile. Infatti, influssi espliciti si mescolano a venature nascoste, definendo le arie di un disco perfettamente adeguato al viaggio tra psichedelia e desertificazione sonora, proprio come si palesa nella traccia di apertura, di certo tra le migliori release dell’album. Un chiaro andamento filmico, ideale per disegnare un’inattesa narrazione minimale che ritroviamo anche nel secondo atto ( Spacetime) di un di un concept di cui innamorarsi.

I filtri vocali, i cambi direttivi e le accordature ribassate risultano immediatamente funzionali allo storytelling, in cui si inserisce alla perfezione il lavoro di work art pensato da Giuseppe Di Stefano, abile nel giocare con rimandi kubrickiani e innovazione distopica. Da qui si riparte verso la struttura stonerizzata mediante la visionaria impronta strumentale di Neil Gagarin, sincrasi concettuale che destabilizza l’ascoltatore portandolo in una dimensione dilatata e riflessiva, accorto ponte emotivo in grado di trainarci verso Ride a Meteor, che va a confermare l’unico lato perfettibile della band: Il songwriting.

L’impronta Pink Floyd (già presente nella parte iniziale di Atomic Mushrooms), dopo avere incrociato la Seattle anni 90, ci invita ad atterrare su Giove (Jupiter), magnifica e decodificata essenza della band, che (ancora una volta) porta con sé spezie Temple of the dog. A chiudere il riuscito debutto sono infine il crossover narrativo della spigolosa e impolverata AstroVikings, e la chiusura dettata da Life on Exoplanet,breve sguardo su di un’opera da ascoltare, comprare e possedere.

Tracklist

1.Spaceship 2346
2.Spacetime
3.Neil Gagarin
4.Ride A Meteor
5.Lost Martian
6.Atomic Mushrooms
7.Jupiter
8.Astroviking
9.Life On Exoplanet