Miss Mog “Federer”, recensione

missmog.jpg

Al primo ascolto di Federer mi sono detto: “…e ora questi? Come li categorizzo? Che genere fanno? Mah…quasi quasi parlo di Synth pop”.

Dopo alcuni ascolti, il mio dubbio permane, perché i Miss Mug (monicker che personalmente non mi piace e non mi entra in testa) rappresentano un mondo sonoro in cui le porte dei confini sono volutamente aperte. Una mescolanza (blanda) di stilemi ed immagini naturali che viaggiano tra nichilismo e neorelismo. Un raccolto di immagini ironiche, sarcastiche e veriste, che macinano i pensieri privandoli di un’assenza di imprudenza, ma caricandoli di osservazione, errori e critica sociale.

Tutto ha inizio in un Pomeriggio qualsiasi, in cui sono i rumori della quotidianità normalizzata ci invitano ad osservare un’inattesa realtà disturbata, resa sintetica da un gioco elettronico che si pone come ambiente innaturale nei confronti di una voce pensante e cantautorale. Un traccia gentile che descrive un piccolo viaggio nella quotidianità della nostra vita. Attraverso risvolti oscuri e risvegli osservativi. Una traccia ideale nel raccontarci la presa soggettiva, qui narrata con cautela dall’ammaliante frontman, posto in un mondo blandamente altronico. Un’autorialità pronta a incrociare un sound originale e ragionato in cui sdoppiamenti vocali e sampler rendono il mood molto vicino ad un certo tipo di osservazione pittorica baustelliana, qui amplificata dalle sintetiche briciole vintage.

Uno sguardo fondamentalmente retrò che ritorna sulle note introduttive di Venety Fair mediante un sentore “depechemodiano” inserito in una danza electro pop, in cui ritroviamo una mescolanza di sensazioni intercalate dal mondo Subsonica sino a quello dei Tiromancino, senza dimenticare ironia, giochi di parole, echi e cambi direzionali.

Le ombre lasciate dai risvolti di Faust , svaniscono immediatamente grazie al viaggio verso la concretezza espressiva definita dalla titlestrack, abitata da un’armonica semplicità, e da Panchine divelte , briosa espressività passatista, definita nei propri contorni da un semplice battito ritmico, richiamato ed inseguito da un ridondante suono elettronico, per poi evolvere verso sentori nuvolari che aprono all’intuire.
Se poi con Complesso B incappiamo tra le righe di un minimalismo onirico è con L’alibi che la band riesce ad allinearsi ad un surrealismo metaforico, che per certi versi, proprio come i rimandi della cover art, riportano alla mente la sottile filosofia di Woody Allen, mostrata qui attraverso linguaggi e modalità differenziate, ma fuori dalla linea della normalità.

Tracklist:
1. Un Pomeriggio
2. Venety Fair
3. Pangea
4. Faust
5. Federer
6. Panchine Divelte
7. Complesso B
8. L’alibi
9. Meteorismo
10.Razorology
11. Sulle Punte