Moon in June “In other words we are three”, recensione

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Giorgio Marcelli (basso, voce), Massimiliano ‘Budo’ Tonolini (batteria) e Cristian Barbieri (chitarra). Queste sono le anime (bresciane) del nuovo disco promosso da Macramè Trame Comunicative. Un disco che potrei definire fondamentalmente underground, ricco di passione pop, blues e alternatività moderata, nonostante una dichiarazione d’intenti espressa dalla scelta del monicker stesso, rapito dal mondo progressive dei Soft Machine.

Il project, lo dico subito, ha solo un grande difetto: la perfettibile pronuncia anglosassone. Se però ci riduciamo a questo perderemmo uno sguardo interessante su di un disco vivo e ricco di sfumature. Un’opera (prima) che non ha in sé nulla di germinale, ma si offre sin dal primo ascolto a piacevolezza e distensione emotiva.
Un patchwork sonoro divergente e diversificato, ben metaforizzato da una riuscita cover art che sarebbe piaciuta a Michael Hutchence proprio per le sue estensioni grafiche.

Il disco, rafforzato da un accorto songwriting su cui spirano gradazioni cromatiche e accentuazioni sulla personalità umana, giunge a citare il genio pazzo di Mingus per poi volgere verso ossimori e contrasti ben assestati, proprio come accade in Desert , in cui lande sperdute pongono l’ascoltatore sulla linea di una tra le migliori tracce del disco.

Da qui si cede all’ammaliante voce soffusa di Giorgio Marcelli i cui graffi mostrano una sonorità (inizialmente) vicina al mondo SOA, ma pronta a cambiare direzione, arrivando ai confini di una linea di basso in grado di offrire profondità lungo il riuscito ponte espressivo di Again , mescolanza di sentori seventies e visività vintage.

Se poi il groove cresce attraverso la semplicità di Ready or not , è con il ritmo di The picture che ci si sofferma su spigoli dark, argomentati da aperture espressive ampie e contrastanti. Attrito creativo che ritroviamo anche nelle striature pseudo punk di Something sweet something bad , un piccolo diamante grezzo, in cui si giunge ad un climax espressivo di stampo indie.
A portarci verso la chiusura sono infine i ritmi deja ecù di Please don’t care about me , l’approccio immediato di When we met e la straordinaria oscurità nereggiante di Angelene , che con la sua quattro corde si offre ad un antro new wave, degna chiusura di un disco che funziona meglio su ritmiche dilatate e ridondanti.

Tracklist

1.Desert
2. Again
3. Ready or not
4. The picture
5. Something sweet something bad
6. Movin’ slow
7. People at the Windows
8. Videopoker
9. Please don’t care about me
10. When we met
11. Angelene