Mug “Lost trasmission”, recensione

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Basterebbe guardare con attenzione la cover art di questo debut per comprendere l’intreccio sonoro che si nasconde sotto il Medium Under Groove. Una serie di tonalità di grigio in cui la mescolanza di tecnicismo grafico, futurismo e pittura astratta rappresentano una densa stratificazione sonora di una realtà multilayer, capace di manipolare elettronica, alternative e post rock d’impatto.
L’intreccio di sviluppi sonici ci avvolge nella loro tonalità, grazie ad un approccio esecutivo che viaggia su strutture strumentali che aprono all’ascoltatore un immaginifico filmico, la cui scenografie si creano nota dopo nota in armonie avvolgenti.

Lost trasmission rappresenta con le sue 10 tracce una straordinaria opera rock, raccontata con idee e tecnicismo che varcano le linee di demarcazione underground, per arrivare a toccare con mano il mondo jazz, noise, free, rock, altronic e addirittura drum’n’bass, in un clamoroso susseguirsi di emozioni catartiche, che avvolgono l’ascoltatore in un stratificazione visionaria di non realtà.

Le anamnesi osservative hanno inizio proprio con Memorie il cui l’inquieto suono chiama a raccolta note disturbanti, che si fanno più lievi e rasserenanti attraverso il ciclico andamento di una chitarra in overlay, atta a definire passaggi straniti, prima di riversarsi su di un andamento più corposo e ritmico. L’apertura sonora proiettata verso un cielo di note piacevoli e rassicurati si unisce alle emozioni reverse dalle note mobiane, per un loop in cui il fil rouge cresce e muta arrivando a manipolare il filo conduttore. Una traccia convincete e trainante, soprattutto nella fase in cui lo spartito si getta tra le braccia del post rock, che a tratti sembra ricordare l’ambientazione tipica dei God is an astronuat.

Calcando poi la mano, le note si dilatano, arrivando ad un perfetto utilizzo del drum set che anticipa l’interludio silente di Neon Circles, in cui piccole e docili note raccolgono idee semplici in una sorta di loop che ospita un aurea eterea in Roseros , nella cui composizione post si intravede uno stampo mediterraneo.

Il disco arriva a sperimentale sentieri che portano con sé posatezza e pensieri osservativi di verdi filamenti musicali. Gentili loop che incrociano pregiate sensazioni classic, sino ad avvicinarsi al post rock di Sigur ros e GSYBE, richiamati grazie all’onirico, inquinato da elementi altronici e da un particolare utilizzo strumentale di una voce filtrata.

Se poi i riverberi di Ypsilon appaiono meno a fuoco, la strada maestra viene ricomposta dalla ciclotimica 7-5 , dai nordici strappi di Frequencies e soprattutto dall’incalzante groove di Disco pulp, che tra effetti space, note sintetiche e rock style arrivano a simulare sensazioni horror, in cui il futurismo artistico riesce a far confluire note minimali e new wave verso un contenitore alternative.

Il disco si chiude con l’annebbiamento ed il surrealismo disturbante di Dark room, in cui l’utilizzo strumentale alterato, definisce la salita tra le note in un climax evocativo, che scivola verso l’oblio sonoro e si avvicina alla sensazione persa di cupezza finale di un album che sperimenta in maniera attenta e graduale, arrivando a concedersi tracce noise mai invasive, ma al contrario funzionali per la dimensione industriale che a tratti emerge dal continuo e passionale cambio di direzione.

1. Memorie
2. Neon Circles
3. Roseros
4. Disco Pulp
5. 7-5
6. Ypsilon
7. 3 Ottobre
8. Frequencies
9. Caledoniam Tomato
10.Dark room