My Bad “Parabellum”, recensione

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Nell’utilizzo dello slang urbano, My Bad rappresenta un atteggiamento intento all’ammettere la propria colpa in maniera diretta e sincera. Probabilmente il quartetto nostrano è giunto ad accettare la propria imperizia visualizzandola ed interiorizzandola in maniera differente da chi, come me, è costretto dal gioco dei ruoli, a descrivere, commentare e (ahimè) soppesare.

La colpa della band pescarese è a mio modesto avviso, quella di non riuscire a convogliare in maniera forte e totalmente credibile tutte le idee che con questo full lenght hanno dimostrato di avere. Infatti, nel tentativo di allontanarmi dalle inutili critiche fine a se stesse, considero opportuno porre gli accenti sull’ingranaggio che manca a questo disco per apparire in maniera più efficace nel planetario infinito delle nuove ondate produttive. Il platter, di certo indirizzato ad un target giovanilistico, alterna ottime performance a cadute di tono dovute al voler andare oltre.

Ad introdurre al musica dei My Bad è Fly, il cui piacevole suono si fa semplice e lineare tra backvoice e piccoli accorgimenti corali, che per certi versi sembrano ricordare i primi Snaporaz, proprio come emerge da +39, il cui buon riff d’impatto si appoggia alle sincopate pieghe della sei corde. L’armonizzazione del brano appare, sin dal primo ascolto, un approccio coraggioso che ha l’ardire di eccedere troppo nei cambi direzionali.

La band si offre attraverso le enclave anglosassoni di Mondo Perfetto, in cui il sapore funky viene innestato in un Teenpoppunkettone, portando gradatamente la voce verso le delicate note di Madre , che al pari di Notte qualunque, conquista solo in parte, a causa di una sezione ritmica minimale e poco incisiva. Ma, fortunatamente, il vento soffia verso la giusta direzione con il facile impatto di Complessi semplici e, in modo particolare, con l’ottima Mica facile che, nel suo voler essere punk’00, offre spazi Smoking popes coinvolgenti e destabilizzanti all’unisono.

Non mancano poi spezie Nu (Lucifero ) né intelligenti rimandi Marcy Playground che emergono dal riff di Apollo 20 , di certo una tra le tracce più convincenti del disco… un disco che cela qualità strutturali non del tutto palesate .