One without “Sweet relief”, recensione

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Arrivano dalla Svezia con quello che definiscono un moderno sviluppo metal, fortificato da una voce femminile imponente e pregevole, dedita ad una forma evoluta di metal, immersa in gothic e metalcore, generi che continuano, nonostante un parziale declino, ad avere estimatori soprattutto all’interno di un target prettamente fresco. Proprio ad un pubblico giovane, infatti, sembra volersi rifare questo quintetto di Gothenburg, che, dopo due anni on the road, torna con un secondo full lenght ricolmo delle note fuoriuscenti dalle ben 17 tracce … forse troppe.

Porta il nome di Sweet relief il nuovo platter, disco che ha inizio ben prima del suono che propone, grazie ad un lavoro accorato di art work, curato da Gustavo Sazes, capace di dare vita ad un collage onirico di immagini, che trova continuità all’interno del booklet e per certi versi anche nell’oscurità narrativa, che pur proponendo un buon lavoro di songwriting tende ad adagiarsi su un deja ecù che non rende merito.

L’opera seconda di Catrin Feymark e soci appare arroccata su costrutti che, pur possedendo tecnicismo e pochissime sbavature, ahimè non brillano di diversificante originalità, anche se è necessario dirlo, ogni traccia presa singolarmente offre un buon approccio alla musica legata al metal melodico di ultima generazione, che eccelle nelle sue parti vocali, grazie ad una splendida frontwoman, che nulla ha da invidiare a Amy Lee. Infatti, per rendersene conto vi basterà ascoltare , perla nascosta tra le mosse onde easy-metal, oppure la sognante Pretender, che sembra emergere rispetto alla pur interessante A bright new insight e all’ottima chiusura di This is war.

Sweet relief racchiude pertanto un buon tecnicismo esecutivo, ottime linee di cantato, piacevoli riff e controcanti, ma ha due difetti ben evidenti. Il primo è proprio la lunghezza eccessiva del disco, sessantaquattro minuti (a mio avviso) possono essere la maggior difficoltà in cui l’ascoltatore può incappare, dando per scontato che la fast society in cui viviamo si ciba voracemente di tutto… e l’eccessiva diluizione potrebbe essere un gap, invece di essere un accrescitivo artistico. Il secondo difetto di questo disco è l’arte dell’arrangiamento, che sembra offrire pochi spunti oltre a quelli proposti, con ottimi risultati, nelle prime tracce. Poche inversioni di tendenza e poca voglia di osare, forse a causa di un eccessivo coinvolgimento interpersonale finiscono per annebbiare un disco comunque interessante

Tracklist

1. Hunger
2. Forget Your Pride
3. Persistent
4. Catatonic
5. Accusing Eyes
6. Souls Of Thousand
7. Sweet Relief
8. Spit It Out
9. Nothing To You
10. Burned Once Again
11. Pretender
12. A Bright Newinsight
13. Open Wound
14. Burning With Your Hopes And Dreams
15. Leaving Traces
16. Stained With Your World
17. This Is War