Onorato & Godano “Ex LIve”, recensione

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L’underground italiano arriva oggi a sfornare una piccola ed eclettica opera, figlia di quel mondo alternativo pronto a reinventarsi percorsi per certi versi ipermediali, attraverso un elitario e nobile incontro tra letteratura e note. Infatti mediante la sua ultima opera letteraria Ex. Semi di musica vivifica, Gianluca Onorato rivede i canoni espressivi del suo saggio-romanzo, alla luce di una vera e propria rappresentazione musicale.
Ex diviene dunque Ex live, performance diretta, in cui il poliedrico artista porta nel suo viaggio l’estro di Cristiano Godano, anima dei Marlene Kuntz.

I due musicisti, attraverso il disco promosso da Macramè trame comunicative e Lilium Produzioni, offrono un viaggio attraverso il loro ego passato, intercalato dalle inattese note di coverizzazioni accorte e ben definite da un minimalismo strutturale, che sembra essere fulcro espressivo del full leght.

Due vite raccontate attraverso partiture scarne e reminiscenze sostanziali che, mediante Velvet Underground e Nick Cave, arrivano a ridefinire il contesto di live, grazie ad interventi narrati, interpretabili come motore intellettuale ed ineluttabile di un percorso fisiologico, atto ad avvicinare le parole alla musica. Questa significativa testimonianza, offre, con il suo stile lo fi, una genuina e soggettiva visuale del reale, che, pur partendo da sguardi differenti, si ritrova ad osservare il medesimo iperrealismo metaforico, tipico dell’anima compositiva dei due musicisti.

Il live, registrato presso la Latteria Molloy di Brescia, si apre con lo spoken Words di Non già il suono organizzato, la cui silente recitazione lascia presto il posto alla storia di Androide Mirna, le cui morbide note restituiscono una velata angoscia futuristica, che si staglia dal suo loop di base, per una rivisitazione moderata del brano estratto dalle volanti Falene del 2004.

L’album…o meglio il live, iniziato con il giusto piglio, continua tra le traversie emozionali di Notte e la sempre perfetta evoluzione cripto-mainstream di La canzone che scrivo per te. Dominata dalle toniche, la traccia appare in grado di definire una vera e propria scarnificazione (accorta) dell’originale versione. Gli arrangiamenti (nuvolari e delicati) proposti del duo, restituiscono mutamenti acustici e regolazioni sonore che trovano apici espressivi ben saldi tra le note di episodi significativi come Acqua di valium. Proprio in track come questa, Onorato e Godano sembrano voler rafforzare la possibilità di raccontare e raccontarsi, attraverso l’allontanamento da strutturazioni complesse, che non riescono a fagocitare la comunicazione espressiva, neppure durante i passaggi climatici nel cuore della canzone.

Ad arricchire la performance ritroviamo piccole perle musicali, in cui la customizzazione del passato restituisce preziose esibizioni artistiche, proprio come dimostra lo splendore di Sunday Morning, coverizzazione delicata e protetiva del masterpiece del 1966. A questa si uniscono le note bianco nere di Perfect day e l’osservativa The ship Song, che, assieme alle spezie desertiche di Lonesome Tears di Beck, chiude un cerchio quasi assoluto.

Un disco che sboccia dai semi di musica vivifica, per essere sussurrato attraverso 72 minuti intimisti, che ancora una volta ci ricordano che… anche i migliori concerti terminano .