Orchestra Makassy – The Original Recordings

copertina di Agwaya dell'Orchestra Makassy

Ecco un altro classico della Golden Era della musica africana, che va dai primi anni ’60, a partire dai quali una dopo l’altra le colonie ottennero l’indipendenza dal giogo europeo, ai primi anni ’80, periodo in cui il mondo dello show business si accorse della vitalità della musica dell’Africa.

Agwaya, il titolo originale dell’album dell’Orchestra Makassy finalmente riproposto in questo CD, fu registrato a Nairobi, in Kenya, nel 1982, negli studi della CBS locale. Mentre sulla costa i generi musicali più in voga, come il Taarab, risentivano fortemente dell’influenza araba e persino indiana, sin dagli anni ’70 la scena dance delle grandi città del Kenya e della Tanzania, da Nairobi a Mombasa a Dar-es-Salam, era dominata dal sound terrificante della swahili-rumba, suonata da orchestre come le tanzanesi Safari Sound, Maquis Original e Super Matimila, e le più famose orchestre kenyote, tra cui l’Orchestra Virunga e i Super Mazembe.

A quel tempo le orchestre di swahili-rumba accoglievano musicisti profughi provenienti dai paesi limtrofi, soprattutto il Congo e l’Uganda, che scappavano da guerre e dittature per rifugiarsi nella Tanzania socialista di Nyerere. Fu questo anche il caso dell’Orchestra Makassy, formatasi originariamente a Kampala, in Uganda, attorno al cantante e bassista zairese Mzee Makassy, e che all’inizio ospitò tra le sue fila musicisti del calibro di Remmy Ongala e Mose Fan Fan. Fu nel 1975 che i Makassy dovettero trasferirsi a Dar-es-Salam, fuggendo dalla sanguinaria dittatura di Idi Amin Dada, assieme a Bokassa una delle figure più sinistre del potere africano, la cu megalomania è drammaticamente raccontata nel recente film L’ultimo re di Scozia.

Rispetto alla rumba e al soukous zairese la swahili rumba si differenzia in aspetti sottili. I testi sono in swahili, ma non sempre: la presenza di musicisti congolesi comporta anche l’uso del lingala. Il tempo è più lento. Le voci e le armonie vocali, autentico biglietto da visita della musica zairese, pulite e impostate, curate sia nel timbro che nelle armonie, nella swahili-rumba sono più sporche e graffianti. Intrecciando i loro micidiali riffs arpeggiati, le chitarre mantengono il ruolo di principale tappeto di accompagnamento, ma più spesso che nel soukous si alternano ai cantanti in lunghi e intricati interludi ritmici solistici. Il modo di suonare la chitarra, la presenza dei fiati, trombe e sassofoni, e l’andamento leggero delle sezioni ritmiche introducono nella swahili-rumba sapori che ricordano il guitar highlife di paesi anglofoni come il Ghana e la Nigeria, ed essendo anche il Kenya e la Tanzania ex colonie inglesi non è escluso che una qaulche osmosi vi sia stata davvero.

Ai tempi di Agwaya l’Orchestra Makassy era all’apice della sua notorietà. Tre cantanti accompagnano la voce principale di Mzee Makassy, mentre le due chitarre di Aimala Mbutu e Alfani Uvuruge sostengono il groove e si lanciano in travolgenti variazioni ritmiche. Nella sezione di fiati è il trombettista Twalib Mohammed a offrire gli assoli più aggraziati, mentre la sezione ritmica, sostenuta da due batterie e una tumba, stupisce con il poderoso lavoro funky del bassista Kasongo Shinga.

Il disco si apre coun uno dei grandi successi dei Makassy, Mambo Bado, un brano ballabile e travolgente che fu pubblicato anche come singolo invadendo le programmazioni delle radio di Nairobi e Dar-es Salam. Ai brani più soukous, per fortuna completamente scevri da sonorità elettroniche, si alternano alcuni incantevoli pezzi in mid-tempo, come Nakolela Cherie, facciata B di Mambo Bado, la splendida Mke Wangu, il mio brano preferito presente anche come alternate take, e Molema, tutti corredati da splendide parti per chitarra.

Quando il produttore Norman Mighell li chiamò a Nairobi per registrare, i Makassy non avevano alcuna esperienza con il multi-tracking. Ciò nonostante riuscirono a registrare Agwaya in soli due giorni, dando vita ad un album che, pur mantenendo la spontaneità del loro sound, ottiene una qualità audio difficilmente riscontrabile nelle registrazioni africane di quegli anni.

Agwaya è uno dei migliori dischi di rumba della East Coast che io conosca. Intenso, vitale e piacevole come Holliwod Highlife Party dei ghanesi Sweet Talks, in una ipotetica discografia essenziale del continente africano potrebbe degnamente rappresentare la musica da ballo dei paesi che si affacciano sull’Oceano Indiano. Un classico.

Brani:

1) Mambo Bado
2) Zimbabwe
3) Kufulisika sio Kilema
4) Nakolela Cherie
5) Mosese
6) Athumani
7) Mke Wangu
8) Molema
9) Ubaya Wa Nini
10) Muungano
11) Mume Wangu