Oreja the Van Gogh “El viaje de Copperpot”, recensione

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Oggi ho voluto dare uno sguardo al mio passato e ridare fiato ad alcune mie considerazioni. La prima di questa piccola serie di reprise riguarda L’oreja de Van Gogh, ensemble che ancora oggi dopo molti anni non riesce ad attecchire nel nostro paese…mentre altrove rapiscono folle oceaniche.

Pop rock spagnolo, semplice ed efficace che fa leva su sonorità di facile impatto e su tematiche giovanili. Un lavoro interessante, creato ad hoc per la bella voce di una cantante ancora poco conosciuta in Italia.

Formatisi nel 1996 gli Oreja de Van Gogh sono arrivati, con il loro secondo album, anche in Italia, dove iniziano a farsi conoscere dal grande pubblico con un pop-rock basco spensierato e coinvolgente. Natii di San Sebastian, nell’Euskal Herria, iniziano a suonare come band di universitari, adatti ad una scena provinciale e underground. La loro strada cambia radicalmente grazie all’incontro casuale tra Pablo, chitarrista fondatore del gruppo, e Amaia, la bella vocalist che ha consentito all’ensemble di proporre una certa qualità anche per ciò che riguarda il cantato dei loro pezzi. Dopo un primo EP la band spagnola, grazie a Euskadi Gaztez -principale radio basca- e al primo premio al VI° concorso musicale cittadino ottengono un contratto con la Epic-Sony, che ha permesso loro di essere conosciuti dal grande pubblico. E’ però il 1999 l’anno della consacrazione definitiva come miglior band nella graduatoria della MTV spagnola con il sorprendente album d’esordio “Dile al sol”. A distanza di due anni il gruppo basco esce sul mercato con questo “El viaje de Copperpot”, disco di qualità che propone una musica originale caratterizzata da una voglia di vitalità e spensieratezza stemperate in 12 canzoni di “juventude”, di positivo invito alla vita e di buoni sentimenti. Un lavoro che appare come un flusso continuo di sensazioni, in cui le varie tracce si collegano l’una all’altra, come in una sorta di concept album, attraverso un’alternarsi di sentimenti intensi.

Tra le tracks più riuscite ”Tu pelo”, una bella poesia, accompagnata da semplici accordi capaci di restituire a chi ascolta la percezione di un amore distante. Il tema del distacco e dell’amore passato è molto presente nei testi degli Oreja, come in “ Soledad” e “Paris”. Ricco di influenze blues e reggae (come nel brano d’apertura”Cuidate”) e Jazz (come nella Ghost Track, appendice di un outro pinkfloydiana), “El viaje de Copperpot” rivela anche un’anima elettronica, come nella ironica “Pop”, che dietro ad un tono disteso nasconde le mille illusioni e delusioni di una presunta regina della musica popolare nella non facile scalata al successo. Meno riuscite sono “los Amantes del circulo polar”, che ricorda molto “Suoni” dei Nomadi, e il brano conclusivo ”Desde el puerto”,un poco sottotono, a chiusura di un buon disco che persegue con gusto la strada intrapresa da “Dile al Sol”.