Oumou Sangare – Oumou

copertina di Oumou di Oumou Sangare

Siamo in Mali, uno dei paesi economicamente più poveri e, forse, culturalmente più ricchi dell’Africa, in cui tradizionalmente si è musicisti per nascita. Nelle famiglie appartenenti alla casta dei Jeli delle etnie Bambara e Malinke i bambini imparano a cantare, a suonare la kora (arpa a 21 corde), lo n’goni (cordofono parente della chitarra) o il balafon (xilofono) dai genitori, dagli zii e dai nonni, e con la musica ereditano le storie tradizionali degli imperi Mandengue e Songhai, antichi di oltre otto secoli.

Oumou Sangare è nata a Bamako nel 1968 da genitori originari di Medina Diassa, nella regione del Wassoulou, la cui popolazione è un misto di etnie Fula (Peul) e Bambara. E’ un’artista molto apprezzata, sia per la sua straordinaria capacità di armonizzare nella sua musica modernità e tradizione, che per il suo forte impegno sociale: è infatti ambasciatrice dell’Unesco, lotta per i diritti umani e per la diffusione della musica e della cultura del suo paese nel mondo.

Oumou, il suo quarto disco pubblicato dalla mitica etichetta World Circuit di Nick Gold (la stessa di Buena Vista Social Club), è un doppio (al prezzo di un singolo) che raccoglie canzoni tratte dai suoi dischi precedenti e inediti tratti da una cassetta uscita soltanto in Africa.

Chi non conosce la musica africana e si aspetta suoni rozzi e ritmi di tamburi resterà assai sorpreso: scoprirà che non c’è nulla di primitivo nella musica di Oumou, anche se gli strumenti tradizionali suoneranno forse rozzi per alcuni, e anche che non serve necessariamente il tamburo per costruire un complesso intreccio ritmico. Nella musica dell’Africa tutti gli strumenti sono insieme ritmici e melodici: “il tamburo fa cantare e la voce ballare”, dice un detto africano.

La musica di Oumou ha le sue radici negli antichi canti dei pastori e dei cacciatori Fula del Wassoulou, anche se la lingua utilizzata è il Bamana. La sua ossatura è costituita da kamelen’goni, chitarra, basso e voci: uno splendido coro femminile in contrappunto con la voce di Oumou, dolce, potente, allegra e sensuale, profonda e metallica, bellissima come il suo viso e il suo modo di danzare. Ad essi si affiancano il violino, il flauto, il djembe e le mille piccole percussioni maliane, fatte di conchiglie, zucche, semi e piccoli oggetti di legno e di metallo. In alcuni brani troverete anche una sezione di fiati, e persino la batteria e le tastiere, ma anche in questo caso la musica di Oumou non viene contaminata: conserva la sua anima e mantiene le sue radici nelle antiche tradizioni del Wassoulou, regione nel cuore del Mali e e dell’Africa occidentale.

Ascoltare una volta i 157 minuti di questo disco non è sufficiente. Questa musica parla un linguaggio differente dal nostro, a cui non siamo abituati. Per questo occorre avvicinarvisi con curiosità e umiltà. Ma grazie alla sua forza e, non ultima, anche alla bellezza della registrazione (e della rimasterizzazione di materiale eccellente già nella sua prima edizione), esso potrà farvi scoprire nuovi territori sonori che fino ad oggi non pensavate potessero affascinarvi. E chissà che non vi scoprirete amanti del suono d’Africa, come in passato è accaduto a me .