Queen – A Night at the Opera (1975)

In questo periodo in cui il cinema sta facendo appassionare molti nuovi e vecchi fan sulla vita del grande Freddie Mercury, noi di Music On Tnt non potevamo sottrarci al nostro contributo “sfruttando” la nostra rubrica sui Dischi da Isola Deserta.

I Queen sono sempre stati una rock band sui generis. Definirli semplicemente tali, infatti, senza entrare un minimo nei dettagli della loro musica, rischia di essere limitativo rispetto alle stesse ambizioni del quartetto inglese che, sin dagli esordi (“Queen” 1973), aveva fatto capire al mondo di non accontentarsi di un posticino in classifica del tipo “toccata e fuga”. Dietro le loro canzoni – oltre all’immenso estro del chitarrista Bryan May e alle innegabili qualità tecniche del bassista John Deacon e del batterista Roger Taylor, regnavano sovrani la personalità e il talento straripanti del loro frontman, dalle straordinarie doti vocali e dalla chiara tendenza a una teatralità scenica fuori dal comune. Tale teatralità non si limitava all’aspetto meramente interpretativo e visivo della loro musica, molto evidente nei loro memorabili concerti, ma faceva parte anche del loro DNA compositivo, ispirato al classico con costruzioni quasi barocche.

Questo loro approccio operistico trovò il proprio zenit in “Boehmian Rhapsody” che non solo diventò facilmente il cuore pulsante di “A Night at the opera” (loro quarta prova in studio, pubblicata nel 1975), ma rappresenta ancora oggi il pezzo che sostanzialmente definisce il gruppo (non è un caso che sia anche il titolo del succitato film). L’intro semplice di Mercury, solo voce e piano, è tanto affascinante quanto fuorviante rispetto a ciò che inonderà le orecchie dell’ascoltatore poco dopo. I Queen infatti creano stratificazioni geniali con tutta la band, col dominio assoluto della chitarra hard rock di May, che stiletta riff e assolo senza alcuna parsimonia. In poche parole un capolavoro assoluto che nelle radio è ancora fra le più ascoltate.

C’è da dire che, oltre ad e un grande cuore, questo disco ha anche un buon numero di ali che lo hanno sempre fatto volare alto in tutti questi anni. “You’re my best friend” è un gioiello pop dalla melodia immediata che, coerentemente col titolo, inneggia all’amicizia mentre “Love of my life”, dal canto suo, è una morbida ballata d’amore low tempo – piano, chitarra acustica e perfino qualche accordo di arpa – da far invidia ai Beatles più radiofonici. Qui Freddie dà sfoggio della parte più dolce delle sue corde vocali. Solo nel finale il brano accenna a una maggiore energia che, tuttavia, non prenderà mai il sopravvento. Nel country folk mistico di “‘39” Bryan May (che ne è anche l’autore) dimostra la sua versatilità visto che, eccezionalmente, è lui stesso a cantare la canzone (Mercury si limita ai cori sullo sfondo). La versione che George Michael propose durante al Tributo per il ricordo di Mercury (nel 1992 al Wembley Stadium) ci ha ricordato le potenzialità, forse a lungo sottostimate, di questa incredibile canzone.

“Una notte all’Opera” (che era iniziata con la corale e trascinante “Death on two legs” e il bonsai cabaret di “Lazy on a sunday afternoon”) si chiude degnamente con l’inno nazionale inglese “God save the queen” in chiave rock pirotecnico. Non resterà un isolato divertissement perché, da quel momento in poi, il brano concluderà nientemeno che ogni concerto dei Queen. Questo conferma il loro forte senso di appartenenza all’Inghilterra che li ripagherà nei decenni seguenti con una duratura fedeltà, anche dopo la citata scomparsa prematura del loro leader. Il resto del mondo, da parte sua, non sarà da meno tanto che continua ad amarli ancora oggi come dimostra questo meritato ritorni di fiamma di grande “devozione”.