Schönberg – Pierrot Lunaire

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La composizione di Pierrot Lunaire avviene negli anni della decadenza dell’impero asburgico, mentre voci nuove e sorprendenti iniziano ad operare sulla scena dell’arte e della storia, da Valery a Joyce, da Kokoschka a Kandinsky fino a Freud ed Einstein che avrebbero modificato per sempre la nostra percezione dell’animo umano e della Natura. Sono anni importanti per la Musica : quelli in cui si opera il grande salto verso l’ atonalità , da Schönberg stesso brillantemente teorizzata e messa in pratica. Arnold Schönberg (Vienna 1874 – Los Angeles 1951) fu, infatti, una di quelle persone che, all’inizio del secolo passato, contribuirono a modificare il corso della storia delle Arti imponendo una svolta le cui conseguenze, nel bene e nel male, sono avvertibili ancora ai giorni nostri.

“Pierrot Lunaire”, che porta il sottotitolo “tre volte sette poesie di Albert Giraud” è una raccolta di Lieder, scritta per un piccolo ensemble musicale e per voce recitante. Il lavoro fu composto nel 1912 su commissione, e fu eseguito per la prima volta a Berlino il 16 ottobre sotto la direzione dell’autore. La prima esecuzione suscitò reazioni contrastanti da parte dei critici, che andavano dall’apprezzamento incondizionato alla stroncatura, mentre alcune fonti segnalano un’accoglienza sorprendentemente favorevole da parte del pubblico che, pare, costrinse il compositore ad un bis completo.

L’affascinante testo di Pierrot Lunaire viene da una raccolta di poesie, in lingua francese, del poeta simbolista belga Albert Giraud intitolata appunto “Pierrot Lunaire” ed utilizzata dal tedesco Otto Hartleben per una traduzione infedele: in realtà si trattò di una vera e propria riscrittura che conobbe, nei paesi di lingua tedesca una certa popolarità.

I versi suggeriscono immagini di estrema ricchezza e complessità e si attagliano molto bene alla musica di Schönberg che li scarnifica fino a mostrarne l’osso. L’ascoltatore può solo lasciarsi trasportare dalle emozioni in un’atmosfera malinconica che lascia spazio talvolta a visioni allucinate, come in questo “Eine blasse Wäscherin”:

UNA PALLIDA LAVANDAIA
Una pallida lavandaia
pallidi panni lava la notte.
le nude argentee braccia
immerge nei flutti.

Nella radura soffiano i venti
muovono dolcemente la superficie delle acque.
Una pallida lavandaia
pallidi panni lava la notte.

E la dolce fanciulla dei Cieli
Teneramente accarezzata dai rami
Stende sui prati bui
I suoi teli di lino intessuti di luce
Una pallida lavandaia.

L’intervento del poeta tedesco Otto Hartleben risulta subito evidente anche solo considerando le prime strofe della poesia di Giraud (che riporto sotto) dove si può osservare che già nel titolo e in quell’avverbio che dà inizio alla poesia vada persa gran parte di quella tensione inquietante che tiene invece desta l’attenzione nella versione tedesca:

LUNA NEL LAVATOIO
Come una pallida lavandaia,
lava i suoi panni bianchi,
le sue nude braccia argentee,
sul filo incantato della corrente…

Schönberg prese 21 poesie (tre volte sette) delle 50 che costituiscono l’opera di Giraud/Hartleben e le mise in musica per un ensemble composto da: voce recitante, pianoforte, flauto, ottavino, clarinetto, clarinetto basso, violino, viola e violoncello.

L’opera musicale che ne risulta è sconvolgente; intanto Pierrot Lunaire è una composizione atonale, significa in pratica che ogni nota viene liberamente unita con ogni altra nota, indipendentemente dalle regole dell’armonia classica.

A questo proposito si osservi che le regole stabilite nei secoli tendevano principalmente a conservare la gradevolezza delle melodie, e degli accostamenti fra i suoni. Ascoltare una composizione dove viene fatta saltare per aria ogni regola non è semplice, le sonorità risultanti parlano più al cervello che allo stomaco, sono sempre aspre, spesso agghiaccianti, non c’è un momento di tregua per l’orecchio musicale che, soprattutto ai primi ascolti, esce frastornato dall’esperienza.

Se questo ancora non bastasse ecco la voce recitante esprimersi secondo una nuova modalità; una tecnica vocale messa qui a punto da Schonberg in maniera definitiva dopo che ne aveva già fatto un uso meno radicale anche in composizioni precedenti. Si tratta di una specie di canto declamato, che lo stesso Schönberg definisce come Sprechgesang , cioè canto parlato, o anche Sprechstimme (voce parlata).

Il compositore Giacomo Manzoni descrive efficacemente le modalità interpretative dello Sprechgesang: “ …le note non vanno intonate come nel canto, bensì la loro altezza va intonata e poi subito lasciata come se si trattasse di un parlato dalla curva di frequenza particolarmente ricca… ” (G. Manzoni – Arnold Schönberg, l’uomo, l’opera i testi musicati – Feltrinelli 1975). La notazione musicale è molto meticolosa, soprattutto per la parte cantata ove Schönberg arriva a prevedere la presenza di una x sulle aste delle note ad indicare il punto esatto in cui l’intonazione deve immediatamente calare o crescere subito dopo l’esecuzione della nota corretta.

Con tutto questo, tecnicismi a parte, l’insieme è perfettamente riuscito e con le sue atmosfere rarefatte ed inquietanti, Pierrot Lunaire è una delle opere fondamentali per capire l’evoluzione della musica del Novecento, ed in questo senso deve essere ascoltata e compresa. Qui comincia l’avventura di un secolo in cui si è molto discusso sulla funzione stessa della musica colta, ed in cui il progresso tecnologico ha modificato il modo stesso di percepire i suoni.

Per quanto riguarda la versione da scegliere, personalmente preferirei una di quelle che Pierre Boulez ha inciso nel corso della sua carriera, ogni volta con risultati di assoluto rilievo: negli anni ’70 per la RCA , nel 1992 per la Sony , nel 1998 per la DG.