“Siberia. Reloaded 2016 ” Diaframma, recensione

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Siberia
Perché recensire un disco di di 32 anni fa?
Perché rieditarlo più volte nell’arco del tempo?
Perché snaturare l’impronta iniziale inquinandolo con inediti o tracce live?

Sono queste le domande che ho ascoltato negli ultimi tempi. La questione in oggetto? Siberia dei Diaframma.

Era il 1984, quando sull’argine dell’Arno, posto tra Eneide di Krypton e Desaparecido, usciva l’esordio dei Diaframma: Siberia. Un proemio diventato cult, rimasto da allora un reale punto di riferimento per le oscurità dark-new wave, proprio come lo è stata, a suo tempo, la Trilogia del potere.

Il disco, allora licenziato da I.R.A. Records, ha ricreato nell’immaginario underground un mondo algido, freddo e disincantato, in cui le ombre dell’animo sembrano proiettate su di un nero Joy Division, rivisitato da nervature post punk, che avvicinano la band ed il cantato di Fiumani all’Ortodossia del mondo CCCP.

L’opera re-loaded, tacciata e vessata da molti fan della prima ora, inzia con un vero e proprio anthem; un’onda new wave, in cui la profondità della bass line dona espressività a quella che nel tempo è diventata mitologia underground. Un traccia glaciale, spigolosa e desertica che ci invita all’interno della riuscita cover art, così minimale ed evocativa.
Una caratteristica fondamentale del disco è, senza dubbio, quella di destabilizzare mediante piccole enclave sonore, atte ad acuire il senso di romanzo narrato; minute pillole in cui la mente dell’ascoltatore riesce a farsi trainare dalle note evocative e spesso inquiete, come in una sorta di solitario percorso, durante il quale ci si possa a soffermare ad osservare un mondo inerte e ricco di inquietudine.

Così dopo lo straordinario drum set di Neogrigio, risposta ad espressività cureiane, si viaggia attraverso i canali di Amsterdam vivendo Giorni feriti, sino ad approdare nella Taranto del 1982, alla ricerca di quel filo allegorico che “lega le cose senza ferirle”. L’album, che tra le altre cose continua a rappresentare nell’underground un punto di reale riferimento artistico e filosofico, nasconde in sé piccole perle espressive come Desiderio del nulla, alimentata da quattro corde radicate negli anni ‘80 e dalla straordinaria dicotomia innescata tra Notti che ritornano e Notti che non ritornano, in cui la musicalità onirica e viaggiante della prima va a scontrarsi con l’ossessiva ridondanza della propria negazione.

Si arriva così a visualizzare il melanconico dialogo tra le note che Envecelado definisce attraverso un arrangiamento nereggiante, in linea con lontani tempi, qui blandamente celati da nuovi spiriti musicali. Un urlo espressivo che avvicina le due correnti fiorentine (Diaframma e Litfiba) proprio come accade nei movimenti cromatici di De Lorenzo, storicizzata da uno spirito post punk che va a limare i ricordi contorti del mondo ferrettiano.

Insomma…un disco ancora definibile come essenziale. Pertanto, rispondendo ai quesiti di incipit, sento di dovermi esporre dicendo che: “riascoltarlo o rieditarlo rappresenta quella stessa necessità di ridare linfa editoriale ai grandi classici del passato”.

Tracklist

1 Siberia 3:45
2 Brevilinea 17 2:48
3 Neogrigio 3:32
4 Brevilinea 80 2:09
5 Impronte 3:59
6 Brevilinea 83 1:27
7 Amsterdam 5:49
8 Delorenzo 3:18
9 Notti Che Ritornano 1:42
10 Memoria 3:40
11 Brevilinea Umbe’ 1:46
12 Specchi D’Acqua 4:45
13 Brevilinea Alcoolica 2:27
14 Desiderio Del Nulla 4:09
15 Notti Che Non Ritornano 4:57
16 Same 4:37
17 Envecelado 7:29
18 Niente 3:40
19 Non Morire 4:39
20 Lanterna Cieca 4:18
21 Taranto 1982