Simona Salis

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Non avrei mai pensato che un dialetto come il sardo, con le sue cadenze dure e spigolose, potesse riuscire a rendersi così dolce e delicato come in questo disco. Anni addietro, già i Tazenda avevano portato alla ribalta la lingua isolana, non riuscendo però a donare la delicatezza e la piacevole mellifluità della performance offerta da Simona Salis.

Due occhi belli ed espressivi, che tanto ricordano quelli di Amelie Paulan, dominano la cover art dai colori seppia del debut album “Chistionada de mei”. Un opera che nasce dalla necessità di non fare cadere nell’oblio le proprie radici cagliaritane, esigenza esplicitata dalla felice scelta di esprimere le proprie liriche in lingua madre. Di certo non è un disco easy listening, infatti è necessario superare lo stupore che destabilizza, cercando di entrare nel mondo creato da Simona, costruito attraverso elucubrate sonorità. Una volta aperta la finestra su “Chistionada de mei”, però è poi difficile richiuderla dietro di se; le atmosfere che ne fuoriescono sono soavi cantici realizzati al meglio, grazie anche ad un insieme di fattori. Basti pensare alla line up che accompagna la voce della vincitrice di uno dei premi del Mantova Musica Festival 2005.

L’album si apre con “Su chi mi praxidi” (quello che mi piace), in cui si cerca di parlare dell’amore reale, brano che porta con se un brasilian taste raffinato ed ingemmato dall’abile arpeggiare di Saverio Porciello, già musicista di Concato, Robert Palmer e Finardi. La delicatezza si trasforma in tribal intellettuale nella title track in cui ritmiche moderne si fondono ad antichi ricordi di abitudini e personaggi del luogo in cui la cantautrice è cresciuta.

I paragrafi di questo racconto lungo trentaquattro minuti, prosegue con le calde sonorità di “Sta ti potru noi”, in cui la voce dell’isolana ricorda quella della brava Amaia Montero de La oreja de Van Gogh, e con “Sorri mia” con la quale si rimane ad alta quota, grazie anche all’ispirato pianoforte di Mark Harris, ex arrangiatore e produttore di De Andrè, altro cantautore che come la Salis non ha mai nascosto l’amore per la sua città e per le sue radici. Se tra i brani meno riusciti si può annoverare la litania tardo medioevale di “Mes’ è idas”, pochi dubbi ci assalgono nell’acclamare come brano preferibile “S’omini”, che con il suo ritmo stoppato dona maggiore spensieratezza al disco, nonostante nasconda tra le sue parole la triste ma ironica visione dell’uomo occidentale visto con gli occhi di un aborigeno. Di ottimo livello si mostra essere anche “ Su gherreri”, track in cui Simona infioretta musicalità perfette e vocalismi arditi e ben studiati.

Un disco magistralmente prodotto da Ivan Ciccarelli, ex batterista di Ramazzotti e Jovanotti, che porta con se un background musicale di ampio respiro, conseguendo un prodotto che non può e non deve rimanere un manufatto d’elite.