Sixcircles “New Belief”, recensione

6circles.jpg

Psichedelia Oscura.

Devo ammettere che la descrizione che i SixCircles danno di sé è perfettamente circostanziata. Un sound che pur arrivando da stilemi e influssi diversificati riesce ad affondare i propri canini nella cupezza disturbante del American Rock, mostrando irrequietezza e ardimento sonoro.

Creatura bicefala, il combo, proprio come il mitologico Ortro abbaia le proprie idee attraverso una particolare diluizione lisergica ed onirica, qui in grado di aprire porte percettive ammalianti ed avvolgenti quanto i giochi vocali di Sara B. e Giorgio T., motori arrugginiti di un mondo estraneo alla banalità.
Pubblicato da Phonoshera Records (e da poco anche da Nasoni Records per il formato vinile), l’album racconta con impeto e cognizione di causa nove tracce ricamate con intelligenza, qui incanalata da sonorità accartocciante su intuizioni divergenti. Così tra harmonium, synth, armonica, percussion e convinzione il duo modula l’“inizio ad una nuova credenza”, immersa a piè pari nel proprio habitat culturale, pronto a evidenziare rigurgiti Black Angels e “aeroplani” di fine anni’60.

Un sound grezzo, acido e a tratti seducente che trova la propria linfa vitale in brani come Blue is the color, traccia piacevolmente vintage, in cui lo sdoppiamento vocale giunge ad ammorbidire l’andamento reiterato che, per certi versi, potrebbe avvicinarsi ad alcune striature Black Keys. Sullo stesso piano emozionale ritroviamo le svisate chitarristiche di Time of erosion, un’impeccabile costruzione sonora in grado di far riaffiorare sensazioni easy psych, in cui si incontrano dilatazioni emozionali e alterati cromatismi. La traccia, probabilmente annoverabile tra le più interessanti, si pone come apripista alla visionarietà distorta di The Prism, perfetto urlo sintetico in grado di deformare la vocalità al servizio di una rappresentazione astiosa e onirica.

La modulazione visiva trova poi una naturale collocazione nella narrazione impolverata di Late to Awake, che sarà di certo apprezzata sia dai vecchi fan dei Doors, sia da coloro i quali hanno vissuto con attenzione le vicende narrate da Kurt Sutter. Così dalla drammaturgia celata si giunge poi alla shamanatica composizione Take Me To Your Desert estesa, inospitale e visionaria, pronta a trainarci sull’evocativo sentiero segnato da Lavender Wells che sembra voler racchiude in sé molto dei Pink Floyd di Ummagumma e A Saucerful of Secrets.

(Ok, forse ho esagerato, ma)… non ho dubbi nel considerare questo disco come una ventata di freschezza dal sapore antico.

Tracklist

1.New Belief Begins
2.Blue Is The Colour
3.Come, Reap
4.Time Of Erosion
5.The Prism
6.Sins You Hide
7.Late To Awake
8.Take Me To Your Desert
9.Lavender Wells