Sondag “Bright things”, recensione

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“Chi sono I Søndag?” Mi sono chiesto vedendo arrivare il loro digipack.

Potrebbero essere chiunque e arrivare da qualunque luogo, poco importa. Ciò che importa sembra essere l’impulso sonoro marchiato da un istinto passatista, pronto a reggere le trame di un gioco musicale che, forse non conquista al suo primo ascolto, ma che riesce a celare tra le sue pieghe un insieme di sonorità evocative e libere… quanto i cromatismi espressivi della cover art, specchio di questa nuova release di Over Dub Recordings.

Nata nel piacentino, la band si offre sensazioni estranianti, in grado di unire una confort zone musicale ad una struttura sonica che meriterebbe una maggior accelerazione rumoristica, ma che in fondo riesce, tra ombre e luci, a raccontarsi con sudore e accortezza.

La traccia iniziale (Sweet), che quasi sembra volersi librare in volo, porta in dote un suono atmosferico e climatico che si erge piano piano dai piccoli iniziali sentori, sino a raggiungere l’attesa implosione sonora dettata dal drum set spigoloso e battente al quale si unisce la sei corde. I sentori deja ecù si allineano ad una retta vocale convincente e a tratti vintage, ponendo luce sull’impostazione iniziale di un rock dal buon riffing, in cui le sensazioni, chiuse e ribassate, si alternano ad aperture dettate da Marco Benedetti e Marcello Lega.
Il ritmo incalza per poi tranciarsi e invitarci in Back in town, di certo tra i più interessanti brani del disco. Raccontata dalla bass line, la canzone definisce, senza troppi dubbi, l’inizio di un nuovo sentiero fortemente influenzato da sonorità Scott Weiland.

Il buon mood prosegue con Polite rebel, sino a giungere all’optimum con la battente e veloce Viper, anch’essa annoverabile tra gli episodi più riusciti. L’impostazione andante del corpo sonoro riesce, infatti, a mescolare sonorità granulari con armonie easy listineng, ridefinendo un’ondata emotiva figlia dei primi anni ‘90. Il mondo dei Sondag ci porta anche verso riuscite sensazioni heavy che divengono impeccabili all’interno del pensiero musicale esposto da Wax, assolutamente credibile, non solo per la sua semplicità, ma anche per la profondità dei suoni e per la grazia produttiva. L’unica pecca del full lenght (però) inizia a venir fuori su tracce come questa…non certo a causa di ombre sonore, ma per l’assenza di un booklet in cui perdersi tra testi e immagini.
Così tra echi e linee in battere ci si sposta verso un sentore d’oltreoceano, venatura marcata di un disco che convince per la coerenza delle sue sensazioni, anche se sembra mancare di qualche guizzo inventivo in grado di determinare il discostarsi dall’andamento standard di una attesa rispettata .

L’opera sonora si chiude, infine, con le note di Spitfire, introdotta da sonorità corpose e avvolgenti, da cui matura una traccia piacevolmente espressiva, ancora una volta dominata da una profondità definita dalla stessa sezione ritmica, ideale nel modulare i contorni di un disco che, come dimostra la conclusiva Time has come , riesce a rivisitare un recente passato, calcolando con precisione aspetti poco innovativi, ma sicuramente diretti.

Tracklist:

1. Sweet 03:28
2. Back in town 03:56
3. Polite rebel 04:33
4. Viper 03:25
5. Wax 04:42
6. Bright things 02:58
7. Leftover 03:37
8. Spitfire 04:36
9. Time has come 03:23