The Sunburst “Tear off the darkness”, recensione

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Uno spazzo di sole…strappato all’oscurità.

Dopo pochi giorni torniamo al Greenfog Recording Studio di Genova, questa volta per assistere al brillante debutto dei The Sunburst, quartetto savonese dedito ad un rock dalle tinte heavy, definito alla perfezione da una post produzione limpida e pulita. Otto tracce in cui coabitano una serie cospicua di influenze che, partendo dall’age d’oro dell’hm, donano uno sguardo espressivo a dilatazioni, stoner, hard rock e post grunge.

Una curiosa mescolanza di spezie armoniche definite da un corposo riffing, in grado di definire al meglio le sonorità di una promettente band.

Il disco, distribuito da Audioglobe e The Orchard, ci riporta tra le fauci della Red Cat Records, pronta a raccogliere le idee dell’ensamble ligure e renderlo spendibile su di un mercato che, non dico avesse bisogno di questo spazzo di sole, ma che a ragion veduta offre una vera e propria ventata di fresca attitudine rock.

L’album, caratterizzato da un songwriting diretto, grigio e iperrealista, pur definendosi a tratti come perfettibile, riesce a raccontare liriche gustosamente disomogenee, in cui la talvolta eccessiva lunghezza mai tedia l’ascolto, proprio grazie a sviluppi ciclotimici ed andamenti agogici, che definiscono con originalità un sound dall’agevole impatto sonoro.

La band, da un lato sembra voler analizzare e reagire al colore pumbleo del nostro mondo, dall’altro lato decide, con saggezza, di analizzare il vuoto claustrofobico delle insicurezze intrinseche alla natura dell’uomo, proprio come dimostra l’oppressivo e splendido incipit doom di Follow me, in cui riusciti cliché heavy e i trainanti riff, prima aprono la via alla voce chiara e pulita del frontman e poi definiscono convincenti pattern battenti, non troppo distanti dalle nuove ondate di metal melodico.

Un’espressività volitiva e consistente, il cui timbro espressivo arriva a ricordare Helloween e Skid Row; curiose reminiscenze, qui animate da un inatteso spirito stoner (The Flow) e da striature cromatiche di ampio respiro (Unforgiven). Se poi non molto riuscita appare la adulatrice Another day, è con la chiusura di Rising che la band offre il buon lato di sé. Una traccia post grunge, che cambia pelle nel suo essere, raggiungendo una narrazione accorta, in cui la dissoluzione climatica si erge ad apice, per poi ritornare, come in un cerchio perfetto, al suo incipit.

Un disco dunque che riesce ad abbracciare influenze apolidi e senza tempo, partendo dal rock allo stato pure, per arrivare a Shinedown, passando da Seattle.

Tracklist:
1.Follow me
2.Something real
3.The flow
4.Be yourself
5.Left behind
6.Unforgiven
7.Another day
8.Rising