The Velvet Underground & Nico – The Velvet Undergr

The Velvet Underground & Nico cd cover

Questa magistrale ‘opera prima’ è, di tantissimo rock (dal punk alla new wave, dal ‘noise’ d’avanguardia alla ‘electro’ più sperimentale), l’effettivo, incontestabile padre: stiamo parlando di “The Velvet Underground & Nico” della band capitanata da Lou Reed e da John Cale.

Il primo è un depravato figlio della New York più sordida e devastata dalla droga, mentre il secondo può vantare studi musicali classici di un certo livello (l’organico è completato da Sterling Morrison alla seconda chitarra e da Maureen Tucker alla batteria).

Altri due personaggi gravitano intorno all’universo ‘Velvet’: il fondatore della pop-art Andy Wharol (autore della famosissima cover del disco, con la banana sbucciabile) e l’ex fotomodella di origine tedesca Nico che canta in alcuni brani.
Il disco si apre con i placidi suoni di “Sunday morning”, ma è solo un’illusione di sanità e di purezza: subito dopo arriva l’aspra e ossessiva riflessione sulla droga di “I’m waiting for the man” a farci capire che stiamo viaggiando verso territori sconosciuti e pericolosi.

La voce gelida di Nico ci illustra la melodica “Femme fatale” prima che irrompa la straordinaria, depravata “Venus in furs”, in cui un tagliente suono di viola fa da bordone alla monocorde ma affascinante voce di Reed.
Dopo la rockeggiante “Run run run”, infarcita da graffianti punteggiature chitarristiche, arriva ancora Nico con “All tomorrow’s parties”, una decadente nenia funebre intrisa di fascino misterioso.

Seguono lo splendido crescendo di tensione di “Heroin”, un affresco sonoro tossico in tutti i sensi, la più usuale “There she goes again”, “I’ll be your mirror” (che bissa il dolce meccanismo della song iniziale) e la ruvida “Black angel’s death song” (con viola di Cale e recitativo di Reed da brividi).

Chiude le danze (si fa per dire) l’incredibile caos rumoristico di “European son” dove tutta la band corre a testa bassa verso un folle delirio sonoro.
Qualche mese dopo i Velvet si ripeteranno con la splendida, durissima, improvvisazione rumoristica di “White light/white heat” (1967) prima che Cale abbandoni.
Dopo un paio di altri album non proprio memorabili, il sipario si chiuderà sul gruppo newyorkese per lasciare spazio alla valorosa carriera solistica di Lou Reed.