Underwell “The chant of Husks”, recensione

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Non crediate di trovare qualcosa di germinale o sperimentale, gli Underwell, ancora una volta si mostrano al proprio pubblico armati del lato deciso e granitico del metalHC. Dunque, se siete alla ricerca di qualcosa di innovativo, girate pure la pagina, ma se al contrario volete avere la certezza di incrociare un vero ed ispessito metal core allora si! Siete nel posto giusto.

La band pavese, da alcuni definita post-hardcore (anche se il concetto di post mi appare un poco forzato), torna sulle pagine di Music on tnt ancora accompagnato dalla WormHoleDeath, con questo nuovo The chant of Husks– La nuova release si presenta celata ai margini di un’aurea policromatica in grado di armonizzare movimenti chatchy e la tipica dicotomia vocale, qui in grado di gestire un songwriting curato tanto quanto l’opera di cover art, ancora una volta abile nel far confluire intuizioni surreali e visionarie verso la strutturazione di un booklet esteticamente ineccepibile.

Né introduzioni né climax emozionali, The chant of Husks non si pone limiti iniziatici, ma esplode sin dalla prima nota attraverso l’incattivita voce del frontman, mitigata dal clean vocale che non sorprende quanto l’enclave calmierante del brano stesso, non lontano da una certa tipologia di alternative. Una Facile fuga dalla banalità, certificata da Deformation of the social scale, in cui un andamento One minute silente si armonizza a forme nuove di metal. Un metal fortemente melodico striato di core, graffi vocali e distorsioni chitarristiche, ben delineate anche grazie all’approccio battente di un buon drum set. Il riffing terminale apre gli sguardi verso Long lost photograph, in cui giochi sonori cripto-sinfonici vengono tagliati dall’anima violenta e battente di uno tra gli episodi più interessanti. Una traccia che in pochi istanti riesce a fondere il thrash degli albori con forme nuove, senza dimenticare aperture armoniosamente easy in cui l’uso vintage del plettro e la tecnica espressiva di Tiaz pare un reale valore aggiunto.

L’impronta trainante di questa nuova fatica prosegue poi con l’impatto granitico di Dark Soul, che forse avrebbe meritato una struttura claustrofobia migliore e Shotgun Diplomacyideale piano di chiusura per un disco non tanto sorprendente quanto felice conferma in grado di rafforzare e consolidare quanto di buono il quintetto era riuscito a realizzare con Plan your rebirth…dunque, non ci resta che attendere la terza fatica, considerata dai più come il disco più difficile da realizzare.

tracklist

1. Easy Escape
2. Deformation of the social scale
3. Long Lost Photograph
4. Dark Soul
5. Path Of Fire
6. Charging Darkness
7. The Arsonist
8. Chant Of The Husks
9. Chipotle
10.Shotgun Diplomacy