Yato – Post Shock, recensione e intervista.

Cd Cover

YATO: con “Post Shock” si fa d’autore la musica digitale

Un disco digitale ma, come si leva a gran voce, il titolo è quello di cantautore electro vocal. E se pensiamo al cantautore come un artista intimista che alla fine chitarra alla mano canta e dipinge la società attorno e magari struggendosi di amori non vissuti (e il cliché potrebbe andare avanti per ore), eccovi l’ennesima testimonianza di come tutto questa sta prendendo derive assai interessanti. YATO pubblica questo nuovo lavoro dal titolo “Post Shock” in cui troviamo 7 inediti e un remix del singolo “Ormonauti” risalente al suo precedente lavoro dal titolo “Fuck Simile”. In rete il video di lancio “Consciock” e con questo ci godiamo questa deriva digitale che a tratti si sostiene ad impalcature di classico pop da main stream e per altri versi cerca la sperimentazione. Spulciando dall’inizio questo lavoro diciamo che sono questi i due fronti entro cui, bit digitali alla mano, YATO sagoma ogni passaggio. Dalla radiofonica “Electro Hardore” alle tinte noir di “Dub-Bi Song” (il titolo stesso mette in chiaro il mood). Un disco interessante che pone in chiaro il dilemma: un futuro che sta cercando di vivere autonomamente oppure si tratta sempre di appoggiarsi ai grandi dettami classici per dare spazio a qualche venatura trasgressiva?

L’intervista a YATO:

YATO e questo nuovo lavoro che sulle prime sembrava davvero pop con “Eletcro Hardore”… ma a sentirlo bene poi… come mai questa scelta di comunicazione e non darci subito una raffigurazione completa del disco?
Perché il pop scorre nelle mie vene! Inoltre, “Post Shock” origina un pò anche da quella notte, o meglio al risveglio da una notte appena trascorsa, quella raccontata in “Electro Hardore”.

Chi è YATO dopo questo disco? Un cantautore o un visionario digitale?
Ascoltando l’album, tu cosa ne pensi? Definiscimi tu!

Ti spingerai ad altre forme di canzone? Tornerai ai suoni acustici?
Chissà! Al momento, data anche la grande mole di lavoro e produzione per il live, i brani stessi stanno sempre più diventando intensi, profondi ed alla ricerca di nuove attenzioni da parte di chi li suona e per chi li ascolta. Tuttavia, di recente ed nel bel mezzo del tour…ho appena scritto qualcosa di chiara intenzione acustica…ma forse, è solo il punto di partenza!

E un disco totalmente strumentale?
No, è un disco di brani cantati che vive con passione la sua amalgama strumentale.

Citiamo l’ultimo video che hai lanciato: “Consciock”. Quanto ti appartiene questa storia nell’intimo del quotidiano?
Appartiene a me nella misura in cui mi è capitato di non ascoltare più il desiderio che alimenta la propria vita, di perdere (come dicono i Marta) i propri punti cardinali o, meglio, di non averli ascoltati abbastanza!