Giordano – Lockdown

Il periodo dei mesi passati che ci ha costretti a riflettere fra le mura di casa, o comunque lontani dagli altri, sta portando solo ora i suoi frutti artistici, un po’ in tutto il mondo.

Il secondo EP intitolato Lockdown di Giordano – di cui ci siamo occupati al tempo della pubblicazione del suo Virgole – nasce proprio nel segno di questo tempo un po’ folle che abbiamo vissuto e in parte ancora viviamo. Si tratta di cinque brani che mostrano la propria forza nell’intimità e nella semplicità, tutti scritti dall’artista (musica) insieme a Gianni Manetti (testi). Lo stile è un rock essenziale – tenendo conto che manca perfino la la sezione ritmica – spesso sussurrato, che mi ha fatto pensare ai migliori lavori di Lou Reed, con le canzoni basate su pochi accordi e i testi che scivolano via, quasi come poesie in libertà. La sensazione è di trovarsi di fronte a delle emozioni direttamente tradotte in musica, come piccole cascate che scaturiscono dall’interno dell’anima e si traducono in un qualcosa di nuovo e accessibile a tutti. Il legame con l’evoluzione dell’epidemia è stato simbolicamente indicato anche nei titoli legandoli alle sue varie fasi.

Si comincia con la malinconica Lacrime al sole (#fase 1), scandita da un andamento low tempo piuttosto ipnotico e che parla della sofferenza esistenziale di una persona, ma in fondo comune a molti di noi, che si confronta con la costante ineluttabilità della morte e del dolore alla quale si contrappone, tuttavia, il forte desiderio di vivere e amare, senza paura. Segue la più cantautorale Cuore in affitto (#fase 2) che ha verosimilmente la melodia più bella dell’album e che racconta di un grande amore vissuto intensamente, totale, ma che purtroppo sembra non potersi realizzare pienamente. Anche L’Ultimo bacio (#fase 3) parla di “un amore illogico, irrazionale” ma qui sembra che sia più la società, e quindi l’esterno, a porre dubbi sulla possibilità che i due amanti possano realizzare il proprio sogno di stare insieme. Il cuore Rock di Lockdown batte in Una rosa al giorno (#sperimentazione) dove Giordano può finalmente lasciarsi andare e regalarci le sferragliate dei suoi riff senza fronzoli. Il brano parla dei sentimenti di un uomo per la propria donna che non è più vicina a lui e così scatta l’allegoria delle spine della rosa che ricordano i graffi che ogni rapporto può causare. Il nuovo lavoro dell’artista romano si chiude con la dolcezza di Nell’immensità del cielo (#vaccino) che riporta tutto ad una calma generale, con la chitarra elettrica usata più per carezzare e dilatare gli spazi.

Nel complesso una seconda prova più matura da parte di Giordano, che merita di essere ascoltata e che prova ancora una volta come la musica indipendente italiana, a volte, sia capace di regalare gioiellini introspettivi che solo i più attenti saranno in grado di cogliere e apprezzare.