Il codice McCartney, recensione

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Ci sono casi in cui un uomo deve rivelare metà del suo segreto, per tener nascosto l’altro

Philip Dormer Stanhope

Da qualche settimana è uscito un curioso libro intitolato Il codice McCartney, un viaggio scientifico-pindarico che ci trasporta tra le luci ed le ombre di una delle più famose e tutt’ora seguite leggende metropolitane: il cosiddetto PID.

L’acronimo Paul is Dead si basa sul presupposto che Sir James Paul McCartney sia deceduto nel 1966 a seguito di un incidente stradale.

A ricostruire un infinito sentiero di tracce più o meno convincenti, sono gli autori Fabio Andriola e Alessandra Gigante. Il primo è, per chi non lo conoscesse, uno stimato giornalista bresciano, nonché documentarista televisivo, fondatore e direttore di Storie di rete, realtà nella quale Alessandra appare in veste di regista ed autrice televisiva.

Oggi il punto perfetto dell’incontro tra i due si tinge di rosso e porta il nome di Codice McCArtney, sacra lettura per coloro che si professano aderenti alla corrente filosofica del P.I.D.

Il libro, lineare e piacevole, sarà motivo di piacere non solo per fan dei Fab4, ma anche per semplici curiosi e per tutti coloro che, appassionati di misteri irrisolti, si nutrono di congetture e cold cases. Quindi nessuna distinzioni tra amanti di vecchia data o neofiti del mondo Beatles. Questo codice di rosso vestito si propone infatti di raccontare (l’impossibile) verità sulla presunta morte del cutie Beatles, attraverso 9 capitoli scorrevoli, dai quali risulta difficile uscirene. Ipotesi folli, fantasiose ed incredibili si affiancano a racconti aberranti e allucinati, che sembrano vivere di luce vera.
Una storia stupefacente e composita che per alcuni apparirà come una semplice false flag, per altri un’inusuale operazione di marketing e per altri ancora un’angosciante verità nascosta.

Alla base del codice ritroviamo una serie corposa di analisi realizzate dal punto di vista medico scientifico, possibile grazie all’aiuto dell’anotomopatologa Gabriella Carlesi e dell’esperto informatico Francesco Gavezzeni, oltre che al dottor Marco Zenaro e dalla dottorezza Elena Marchetti, essenziali in quest’opera per le mirabolanti perizie grafico-foniche che appaiono nelle 250 pagine ricche di aneddoti gustosi.

L’incipit della storia si assesta nella Detroit del 1969 sulle lunghezze d’onda di 100.3 FM, da i cui microfoni da cui si apprende che ”Paul McCartney è morto”. A sostegno di questa mirabolante corrente di pensiero gli autori del libro offrono una serie corposa di indizi oggettivi ed alcuni più prettamente interpretativi, finendo per affascinare il lettore. Se alcuni aspetti appaiono talmente chiari e palesi, tanto da rendere ardua ed improbabile una loro rivisitazione, è anche vero che per alcuni aspetti esiste un forzoso tentativo di trovare, perché, similmente alla paranoia cinematografica di Joel Schumacher, quando si cerca…alla fine si trova.

Il viaggio si fa divorare attraverso uno scorre veloce tra occultismo, marketing, giochi macabri, sosia, figli illegittimi o presunti tali, Dna fasulli, craniometria ed affliggenti misteri, che il lettore potrà approfondire ulteriormente nel citatissimo mondo web tra un’incredibile serie di immagini e video, anche perché, a ragion veduta, l’unico neo di questo libro targato Rizzoli è proprio la mancanza di testimonianze fotografiche, troppo limitate rispetto alle attese.

Insomma un libro essenziale, capace di raccogliere invitanti riferimenti filmici, bibliografici e nu-mediatici riuscendo a fornire al viaggiatore di queste pagine una serie di sentieri da perlustrare. Un’opera scritta con il giusto piglio giornalistico, senza mai annoiare, ma anzi riuscendo a calamitare l’attenzione su quella che per alcuni è semplicemente un’allucinazione collettiva.