Joel McIver “LA STORIA DEI MOTÖRHEAD”, recensione

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Quando misi su i Motörhead avevo già trent’anni e pensavo che ne saremmo durati al massimo tre, se ci fosse andata bene, poi avremmo deciso cosa fare, alla faccia dei programmi a lungo termine e alla faccia di chi ci vuole male…

Era il 1989 quando il mio metal personal pusher mi regalò l’emozione di ascoltare per la prima volta lo splendido picture disc in cui Snaggletooth, feroce più che mai, macinava chilometri di binari infuocati. Avevo solo 15 anni e stavo per scoprire il mondo di Ian Kilmister.
Da allora sono passati molti anni, molte line up e molti album, ma Mr.Lemmy è sempre qui a pestare sull’acceleratore della vita, tra infiniti tour e fan base ben salde in ogni parte del globo.

Una storia lunga decenni, capace di tramortire i comuni mortali, a cui di certo il frontman dei mitologici Motörhead non appartiene. Una sorta di divinità dionisiaca che corre e percorre le polverose strade del rock and roll, ergendosi a paladino di una coerenza che lo ha portato a rimanere fedele a se stesso, riuscendo ad incarnare quella sorta di teriomorfismo del Warpig creato da Joe Petagno. Il libro di Joel McIver, però, come si percepisce sin dalle prime pagine, va ben oltre la figura imponente dell’ex Hawkind, navigando tra le onde dei ricordi di tutti i protagonisti di questa magica storia cadenzata da lassi di tempo temporali ben definiti, che ci invitano a scoprire una serie di preziosi retroscena sorprendenti, capaci di far rivivere antiche polemiche di stampo politico, sino alle curiose e stranite amicizie della band.

I canali narrativi trovano voce attraverso le voci dei primi attori, atti a definire i dettagli di una storia immensa e (senza dubbi) per troppo tempo non valorizzata appieno. La tardiva Walk of fame, l’assurdità del Grammy assegnato, la febbre da tour bus, il rapporto con il wrestler Triple H, le espadrillas di Brian Robertson e i cameo televisivi sono solo una piccola parte dei racconti che troverete in questo libro essenziale per chi, in un modo o nell’altro, ha amato i Motörhead.

Un libro che non fa opinione, ma cronaca, ponendo l’accento sugli eccessi della band, dai quali si delinea una filosofia di vita alquanto soggettiva, in cui sex, drug and rock ‘n’roll rappresentano banalmente una linea guida inspessita come le corde del Rickenbacker.

Grazie poi allo scorrere veloce delle parole, il lettore avrà la sensazione di entrare nel camerino di Blackie Lawless o di dividere il palcoscenico con Brian May, riuscendo a perdere la cognizione del tempo grazie ad un opera letteraria che certo fagociterà curiosi d’ogni età, come ogni singolo heritage hmk.

Insomma ancora una volta la Tsunami Edizioni coglie nel segno con questo nuovo Uragano dal prezzo contenuto.