Pink Floyd The Wall, Rock e multimedialità

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Dopo poco tempo torniamo sugli scafali della Stampa Alternativa, questa volta alla sezione Rock People, che oltre ad offrire interessanti sguardi storico-sociali su Area, Nick Drake, Gentle Giant e molti altri (http://www.stampalternativa.it/collana.php?stato=Y&collana=rock%20people), concede uno tra i migliori libri sui generis in circolazione. Il libro semplicemente intitolato Pink Floyd_The Wall_Rock e multimedialità racconta di un viaggio introspettivo nella mente di Roger Waters, attraverso i suoi ideali sonori, senza mai tralasciare quel magico fil rouge che a partire dal triennio 64-66, ha ricreato attorno alla band un aurea di favolistico esistere.

Il libro si propone, attraverso un vivo e sentito approfondimento, di analizzare ogni sfaccettatura del poliedrico muro, la cui costruzione nasconde molto di più di quello che un disattento ascoltatore può percepire. Dalle abbondanti 300 pagine emergono infatti analisi intratestuali, capaci di introiettare il nostro ego spettatore all’interno di quei mattoni pronti a crollare.

Proprio come il vinile, il volume è organizzato in quattro facciate, riuscendo così a rimandare alla concettualità compositiva della band. Dalla lettura si potrà scoprire una via d’uscita capace di andare oltre al mimetismo stilistico di The Wall, mai facile da superare. Le libere interpretazioni post adolescenziali collimano spesso con una reale sintesi d’intenti mostrata dalle partiture e dal metatesto occultato dalle sinapsi compositive di Waters. Leggendo l’opera curata da Gianfranco Salvatore ci si renderà conto che la veste dell’opera musicale possiede una serie infinita di livelli interpretativi, in grado di spiegare come ad esempio la disposizione dei brani, le tematiche e le condutture del concept non posseggano nulla di casuale. Sono le alternanze oculate di forme libere a definire il pensiero dell’autore, tra simbolismi più o meno occulti, reminiscenze infantili e irrequietezza esistenziale.

Il libro rappresenta senza dubbio un definitivo punto di arrivo per chi ha amato la band inglese, grazie alla struttura completista dei suoi contenuti, che presentano nel suo incipit un onirico viaggio tra le sinestesie pinkfloydiane, eliocentriche congetture di coloro i quali hanno da sempre rifiutato di vivere la musica a compartimenti stagni. Le righe dei capitoli arrivano alla definizione analitica del cosiddetto light show, attraverso un viatico inevitabile verso la multimedialità espressa in maniera esplicita dall’opera, divenuta con il tempo testo filmico e teatralizzazione di sé.

Insomma, tra partiture e analisi filmico-strutturali dei testi di certo non vi annoierete durante la lettura di quest’opera, capace di illuminare anche coloro che al tempo finirono per storcere il naso ascoltando i parametri dance di Another brick in the wall part 2, scelta stilistica inusuale, ma oggi, grazie ad una lettura psicologica del lavoro, appare più chiara e meno fuorviante.