Sex Pistols “No future”

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We’re the flowers in the dustbin

Troppo spesso si finisce per dare per scontato l’(in)esistenza di radici concettuali e termini sociologici che fondano, volenti o nolenti, le basi di una filosofia urbana. Esempio cardine di questo approccio è il movimento punk, ancora oggi da molti considerano come figlio commerciale di una Britannia allo sbando, deprecabile e snaturata mossa definita a tavolino dal suo Deus ex machina. Spesso però, parlando del 1977 londinese, ci si dimentica di quella forma politico-artistica che sembra aver dato la spinta iniziale al mondo dei Sex Pistols. Infatti si tende a compiere un errore grossolano non considerando la propedeutica sperimentazione collettiva di un accorto situazionismo, capace di mettere in atto “situazioni”, a tratti definibili come giochi pianificati per presentare alla moltitudine inaspettate problematicità disturbanti. A questo si unisce il sagace atteggiamento di spacciare notizie surreali (o meglio irreali) come veritiere ( I Sex Pistols non sanno suonare) coadiuvate da manifesti programmatici talvolta genuini e disincantati ( Questo è un LA, un Mi e un Sol…ora potete creare una band.

Pur essendo innegabile che il progetto Pistols abbia avuto più livelli di lettura, ancora oggi a distanza di molti lustri, le voci dei protagonisti appaiono ancora discordanti e stonate come l’accento cockney di John Lyndon. La verità vera si va a sostituire in maniera ciclica attraverso le testimonianze, qui analizzate da Giuliano Santoro attraverso un libro che nasconde molto di più di ciò che sembra promettere. L’autore infatti non solo si propone di tracciare una ricerca filologica di Never mind the bollocks, ma si adopera in una strutturazione letteraria che, pur non esigendo una lettura lineare, racconta quegli anni attraverso le dodici tracce dell’unico album ufficiale dei Sex Pistols.

Il libro, ancor prima di gettarsi nell’ascolto lirico, propone una curiosa dissertazione relativa alla concettualità di bollock del professor Kinsley, dalle cui parole scoprirete etimologie di termini scomodi, eventi curiosi e parallelismi musicali, che vanno ad anticipare la storia della band attraverso il loro disco manifesto. Tra i meandri delle canzoni l’autore ci racconta del travagliato rapporto tra Matlock e Rotten, dell’ingenuità di Sid, della follia coraggiosa di Vivienne Westwood e dell’arrivismo di McLaren, attraverso un puzzle di aneddoti che promuovono questa nuova release targata Arcana, tra i testi essenziali al fianco dell’inarrivabile visione di David Laing e del riconosciuto tomo di Jon Savage.

Arriverete a scoprire la cleptomania di Steve Jones, la natura delle monadi ritmiche e le surreali vicende legali, tra turpiloqui e panico morale, percepibile con chiarezza attraverso una lettura intratestuale delle composizioni metaforizzate da Jamie Raid, il tutto, mediante una diretta semantica lessicale e frasale tramite la quale capirete non solo le idee della storica band, ma anche il concetto di punk nel suo insieme.