Intervista a Francesco Donadio curatore di “David Bowie. Tutti gli album”

A qualche settimana dalla pubblicazione del mio articolo sul libro David Bowie. Tutti gli album, Music on tnt ha avuto la possibilità di intervistare Francesco Donadio, curatore della nuova uscita dedicata al duca bianco.

 

 

  1. “Uno dei più accreditati esperti di David Bowie”. Così si legge sullo splendido volume edito da Il Castello Editore. Da dove arriva questa passione?

Da lontano. Da quando, alla fine degli anni 70, le radio private iniziarono a trasmettere ‘Heroes’ che era un pezzo decisamente sopra la norma. E poi, quando lessi su Rockstar una recensione straelogiativa del live STAGE, lo acquistai subito. Però, paradossalmente, la parte dello show che mi colpì non fu quella berlinese (sarei arrivato ad amare quel periodo con gli anni, e ora è il mio preferito): a travolgermi fu il lato A, contenente cinque pezzi tratti da ZIGGY STARDUST. Li trovai irresistibili, dalle melodie di livello “beatlesiano” ma con un fervore simil-punk. Da lì iniziai un percorso a ritroso alla ricerca del Bowie – o meglio dei “tanti” Bowie del passato, partendo ovviamente da ZIGGY e scoprendo poi man mano capolavori (all’epoca) poco decantati, quali THE MAN WHO SOLD THE WORLD e, soprattutto, DIAMOND DOGS, che resta, ad oggi, l’Lp che amo di più della sua discografia. Naturalmente, da quei giorni Bowie l’ho seguito sempre con grande attenzione – in tempo reale – e ho avuto la fortuna di vederlo in concerto diverse volte. Ma forse la domanda era: “perché Bowie invece di altri”? Credo che sia perché la sua idea di fondere rock e teatralità ha toccato in me una corda importante.  Penso che chi ha la fortuna di disporre di un palco e di un pubblico debba farne buon uso, e Bowie in questo è stato un maestro. E poi: adoro il fatto che lui abbia cambiato approccio di disco in disco, sempre nel segno dell’innovazione, senza mai cullarsi sugli allori. Con il risultato che ha la discografia più variegata di qualsiasi altra rockstar dell’epoca “classica”. Infine, la voce. Bowie è stato uno dei più grandi cantanti di tutti i tempi: le sue interpretazioni (delle sue canzoni, ma non solo) sono tutte – senza eccezione – da ascoltare.

  1. Come è nata l’idea di curare questo nuovo saggio?

L’idea è nata in seno alla redazione di Classic Rock Italia, e in particolare dal direttore Francesco Coniglio e dal caporedattore Maurizio  Becker, che hanno pensato – circa due anni fa – che i tempi fossero maturi per uno speciale su Bowie. Mi proposero di curarlo e io non mi sono fatto pregare: era l’opportunità di realizzare un vademecum aggiornato su una discografia vastissima, in cui è difficile orientarsi, fra l’altro con una grafica brillante e un sacco di fotografie. In seguito – da cosa nasce cosa, e grazie all’interessamento dell’editore il Castello – lo speciale di Classic Rock è diventato, aggiornato al 2021, il sontuoso libro fotografico che esce in questi giorni.

  1. Quanto è durata la fase di gestazione?

Potrei dirti che la fase di gestazione è iniziata, per me, nei tardi anni 70, ma ovviamente è una battuta. No, in verità è stato tutto molto rapido. Una volta decisa, insieme a Becker, la struttura del volume e la quantità di informazioni da allocare per ciascun disco, siamo andati come razzi. Gli autori hanno inviato i loro pezzi, i grafici hanno fatto il loro, e si può dire che tutto il processo è durato un mese e mezzo, forse due. Ovviamente, al momento in cui lo speciale è diventato un libro per Il Castello, ci abbiamo rimesso mano. La grafica è stata completamente rivista, e io ho scritto ex-novo tutti gli aggiornamenti (perché nel frattempo, in due anni di Bowie erano uscite un  sacco di altre pubblicazioni).  C’è voluto un altro mese buono, insomma, per chiudere e giungere a un livello di qualità (di contenuti ed estetica) che ci soddisfacesse.

  1. Le penne coinvolte nel libro sono molte, da Guglielmi a Bacciocchi. Come è stata strutturata la scelta degli autori e in che modo siete riusciti a dividervi le incombenze?

Sono felice che tu mi abbia fatto questa domanda, perché mi dà il destro per citare tutti gli autori, in ordine alfabetico: Antonio Bacciocchi, Eleonora Bagarotti, Jacopo Benci, Paolo Bertazzoni, Marco Braggion, Giandomenico Curi, Mario Giammetti, Mario Giugni, Federico Guglielmi, Renzo Stefanel. Tutti giornalisti molto esperti e stimati nel settore, con citazione speciale per Federico Guglielmi che seguo fin da quando ero un ragazzino e che per me è una specie di mentore. Le suddivisioni sono state fatte, di base, secondo affinità. Per esempio Antonio Bacciocchi (altrimenti noto come Tony Face) è un grande appassionato ed esperto di rhythm’n’blues e soul degli anni 60: di conseguenza il Bowie della fase Mod non poteva che essere delegata a lui. E anche:  a Guglielmi, uno dei massimi esperti italiani di punk, è stata ovviamente affidata la sezione che tratta dei rapporti tra Bowie e Iggy Pop. Poi, personalmente, io ho tenuto per me vari dischi “di raccordo”, e anche alcuni che per me sono stati particolarmente importanti (ad es. STAGE, DAVID LIVE) e/o su cui avevo delle opinioni “forti” e in qualche caso eterodosse (ad es. TONIGHT, GLASS SPIDER LIVE). Infine, sono stato molto contento di aver potuto inserire in questo libro una sezione sui bootleg più importanti (che nello speciale Classic Rock mancava), che è stata affidata a Ernesto Tangari, uno dei massimi collezionisti bowiani al mondo.

  1. Perché un fan del Duca bianco dovrebbe acquistare il libro? E perché lo dovrebbe fare un neofita incuriosito da Bowie?

Partiamo dalla fine. Immagino che un neofita, che ha iniziato a conoscere Bowie solo l’altro ieri, si possa sentire sperduto di fronte alla sterminata discografia del Duca. Ero anch’io in quelle condizioni nei primi anni 80 – all’epoca la discografia era molto meno vasta, ma va considerato che non c’era Internet – e la mia ancora di salvezza fu un librone illustrato dalla forma di Long Playing che porto ancora nel cuore: “David Bowie The Illustrated Discography” di Chris Welch, che mi spiegò tutto e fu un prezioso vademecum per le mie ricerche e per i miei acquisti. Ecco: “David Bowie Tutti gli Album” (che a quel volume di 40 anni fa un po’ si ispira) penso possa svolgere, più o meno, la stessa funzione. C’è tutto – tutto ciò che è reperibile oggi 2021 – inquadrato storicamente e in maniera critica, con aneddoti ecc. Il fan di lunga data, invece penso che possa essere interessato a una rivisitazione critica della sua discografia e della sua  carriera, aggiornata al 2021. Nel senso che la percezione del valore di alcuni dischi è mutata nel corso del tempo. Faccio un paio di esempi: i dischi degli anni 90 all’epoca vendettero poco e furono poco considerati, ma oggi soprattutto 1.OUTSIDE del ’95 sta avendo una rivalutazione come uno degli episodi più interessanti e sperimentali della carriera  del Duca. Mentre, al contrario, THE NEXT DAY nel 2013, quando uscì a sorpresa fu forse eccessivamente elogiato. In musica, come in tutte le arti, la distanza temporale (con il distacco che comporta) consente di formulare dei giudizi più corretti e completi, che non tengano conto dei risultati di vendita o delle circostanze storiche contingenti.

  1. Recentemente l’uscita della nuova serie tv ispirata al libro Cristiana F. Noi ragazzi dello Zoo di Berlino ha ridato luce al periodo berlinese di Bowie. Può essere a suo avviso una nuova finestra per far conoscere il Duca Bianco alle nuove generazioni?

Credo che quell’operazione – una produzione internazionale in 8 puntate con un forte adattamento ai gusti e all’estetica dei ragazzi di oggi – sia molto interessante. Personalmente l’ho trovata godibile, sia per come è stata girata che per le qualità degli attori: Jana  McKinnon nella parte di Christiane e Michelangelo Fortuzzi in quella del suo ragazzo sono eccezionali. Però non credo che possa svolgere quel ruolo di “finestra” a cui hai fatto riferimento.  Nella serie Bowie è una presenza molto marginale. Ben diverso il caso del film del 1981, che fu basilare nel creare (o, comunque, rafforzare) la leggenda del “Bowie berlinese”, aggiungendo all’immaginario già presente nelle canzoni luoghi, persone e situazioni, con questa atmosfera da città “assediata” che possedeva la Berlino di prima della caduta del Muro. E in più, nel film c’era il “vero” Bowie – non un impersonatore – al top delle sue qualità scenico/artistiche: impossibile non restare affascinati dalla scena in cui Bowie in concerto esegue “Station To Station”. Nella serie questa potenza bowiana non c’è. Non penso però che sia un problema. In un modo o nell’altro oggi tutti coloro che sono interessati alla musica non possono non imbattersi in Bowie: è unanimemente considerato uno dei grandi essenziali oggi, come Elvis, Dylan, i Beatles e gli Stones.

  1. Osservando il libro rifarebbe qualcosa di diverso?

Magari aspetterei un paio di mesi a farlo uscire, dato che nel frattempo sono usciti un altro paio di live degli anni 90 e la raccolta THE WIDTH OF A CIRCLE con diversi inediti dei primi anni 70. Ma, ovviamente, è una battuta: sono uscite talmente tante cose – quasi un disco ogni due mesi – dopo la morte di Bowie che pensare di mettere un punto definitivo sulla sua discografia è pura utopia. Invece, seriamente: sono molto soddisfatto del volume e non cambierei nulla. Forse mi sarebbe piaciuto disporre di una dozzina di pagine in più per parlare nel dettaglio dei film da lui interpretati e dei documentari a lui dedicati, ma non è stato possibile. Pazienza. Ma l’importante è che la parte discografica sia completa. E lo è.

  1. Lei ha scritto molti saggi su Bowie, oltre a questo (ovviamente), a quale è rimasto più legato?

Credo che sia “L’arte di scomparire”, il libro di 3-4 anni fa che era una sorta di indagine sugli ultimi 12 di vita di Bowie, un periodo avvolto  nella nebbia di cui non si parla molto, ma che invece io ritengo importantissimo, per via di quel finale pazzesco che lo ha visto lanciare due Lp, la mostra “David Bowie Is” e il musical LAZARUS.  Gli sono molto legato anche perché credo che abbia una sua originalità: nessuno ha scritto un libro simile, né in Inghilterra né in America né da nessun’altra parte. Tutti mi dicono che dovrei farlo tradurre e penso che prima o poi lo farò.