Daimon “Bedlam”, recesnione

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Corrado Pizzolato, in arte Daimon, ha deciso di lasciare dietro di sé il passato e iniziare a raccontarsi attraverso il solo binomio voce-chitarra. Passato alla (R)esisto, l’autore alessandrino ha deciso di dare voce all’introspezione di un suono avvolgente, attraverso dieci tracce delicatamente brevi, in cui l’espressività emozionale funge da fulcro essenziale.

Una Voce pulita, una la pronuncia piuttosto buona, intuizioni creative e contaminazioni di diverso tipo: ecco gli ingredienti al servizio di un disco piacevole, ma (ahimè) fortemente penalizzato dall’assenza di un vero e proprio booklet. L’imperdonabile mancanza viene però riempita dall’essenza iniziatica di Bedlam, che non solo rappresenta una gradevole punta di diamante, ma anche la cima di un iceberg sotto il quale troviamo (tra luci ed ombre) un racconto di pregio, trainato dal cuore e dai muscoli mostrati dall’autore, pronto a invitarci a percorrere al sua arte narrativa.

Attraverso strutture semplici, scarnificate da fronzoli, con i giochi balance e sentori d’oltreoceano ( Day and Night part I) , la vocalità e i guitar solo lineari definiscono la traccia donandosi alla semplicità di un disco che si forma e poco si trasforma nel suo itinerario, riuscendo ad assorbire intuizioni e ispirazioni diversificate che non lesinano sviluppi lontani dal più classico mainstream.

Anche se a tratti il songwriting appare perfettibile, il viaggio dell’autore prosegue offrendosi tra voce e chitarra con Snow girl e con la distorsione di Pigments, piacevolmente legata ad un immediatezza armonica, tutt’altro che banale, anche grazie ad impreziosimenti strutturali.Se poi con Unhappy feeling l’autore gioca con un interludio Yanntierseniano, con Goodbye Blues torniamo nell’oltreoceano canadese, espressione di un alt-pop delicato e pacato, qui immerso in un inatteso sapore dalle venature celtiche.

Il disco prosegue perdendo il proprio smalto (Casting away e Drug Addict) per poi ritrovarlo con Day and night (But i know, i know, i know)Part II electric Reprise, definito come delicata fragilità soffusa, pronta a tornare alla vitalità iniziale con la conclusiva Now let me go home, composizione basica che ci riporta ad un granulare ardore anni 90.