Radiocut “Radiocut”, recensione

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I Radiocut sono un trio milanese formato da Riccardo Colombo, Gionata Montanelli e Francesco Mazza. Un trio dedito a un semplice sentiero pop, ingrediente primario di questo eponimo EP, in cui consiglio di inoltrarsi solo se pronti a raccogliere i frutti di un sound accogliente dalle tinte fintamente alternative, ma fondamentalmente “poppeggianti”. Infatti rimandi lievi al primo periodo di Bono Vox, sembrano emergere persino nella parte strumentale del bridge di Violet Rose la quale va a richiamare alcuni aspetti pop-rock tipici della band irlandese.

La forza espressiva della band è di certo definita attraverso due vertici riusciti e ragionati. Il primo di queste estremità è la voce del frontman, calda, graffiata e ideale per un sound aperto ai più svariati influssi, proprio come dimostra l’ottima strutturazine di My Green Moon, in cui l’approccio easy listening si offre ad una struttura lineare dai rimandi blandamente folk. La composizione, probabilmente tra le migliori proposte dal debutto, non manca di riportarci alla mente alcuni passaggi Bon Jovi di inizio anni ’90, nonostante alcune malcelate ombre. La forza della traccia è proprio quella di apparire nell’immediatezza sottoforma di una riuscita opera descrittiva, atta condurci verso il secondo vertice su cui modulare l’interesse di questo piccolo disco distribuito e targato (R)esisto: un sound privo di fronzoli. Un sound definito attraverso scheletri musicali emozionali e capaci di restituire, sin dal primo ascolto, un mondo a tratti delicato e sognante, proprio come accade con la ballad Places, innegabilmente convincente.

A chiudere il disco è il battito delicato che si posa sulle pelli di The hero, in cui il minimalismo espressivo iniziale, con i suoi riverberi, nasconde un’attesa inclusione espressiva che porta il brano verso quel territorio alternative rock tipico dei primi anni ‘90. La struttura, a tratti teatralizzata, mostra inoltre le reali potenzialità di questo trio, che ha all’orizzonte un doppio obiettivo: quello di confermarsi sul lungo tracciato e quello di ripensare ad un lavoro di cover art più accattivante rispetto a quello proposto in questo esordio.