Reveal, R.E.M.

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Dopo il nuovo lavoro degli U2 (che definire infelice suona di eufemismo) ci si aspettava anche quello dei R.E.M., altro gruppo con alle spalle una quasi ventennale esperienza.
L’ultimo Up non ha riscosso in patria un gran successo, anche se in Europa e’ andato un po’ meglio. Un disco difficile, sicuramente in tono minore, troppe sonorita’ scure e troppa sperimentazione, una scelta quasi obbligata vista la dipartita dal gruppo del batterista Bill Berry, che ha creato una voragine difficile da colmare per una band cosi’ compatta.

Per Reveal Micheal Stipe e soci hanno deciso di continuare a camminare su percorsi nuovi senza rinnegare pero’ il loro passato, le loro melodie, le sonorita’ squilllanti che tipicamente venivano loro associate, insomma il classico “suono R.E.M.”.
Merito forse di una ritrovata fiducia nelle proprie possibilita’ e di una “stabilita’” all’interno del gruppo, l’album suona sicuramente piu’ vitale di Up, anche se predominano, nel totale, pezzi a velocita’ ridotta.

Alla solita chitarra jingle jangle di Peter Buck, cosi’ simile a quella dei Byrds, sono stati aggiunte tastiere, alcuni campionamenti, pianoforte, archi etc, guardando a destra e a manca alla ricerca di nuovi spunti, senza perdere di vista il marchio di fabbrica del terzetto di Athens.

E’ strano come i pezzi sembrino a un primo ascolto semplici e rivelino successiviamente una struttura piu’ complessa e profonda.
Questa “leggerezza”, nonostante la stratificazione, mi induce a pensare che il lavoro fatto per questo disco sia stato notevole, ma trovo anche che sia un’ arma un a doppio taglio perche’, alla fine, a parte due o tre pezzi, sono pochi i momenti che rimangono in testa al primo colpo.
Ci vogliono molti ascolti per incominciare a “sentire” bene questo disco e riuscire a non limitarsi a quella meraviglia che e’ Imitation of life (guarda caso la piu’ tipicamente remmiana; a proposito, avete visto che bello il video di questa canzone?).

Altri punti di forza del disco sono sicuramente, All the way to Reno, She just wanto to be (anche se da un po’ di gia’ sentita), la vagamente psichedelica Saturn Return e a me piace molto anche Chorus and the ring, quest’ultima in massima parte acustica. Altre sono piu’ orecchiabili ma mi soddisfano di meno.

In fin dei conti il disco non e’ male, anche se le vette di Automatic for te people credo che difficilmente possano essere eguagliate (e ci credo! E’ uno dei classici dischi “da avere” di qualsiasi collezione).
Per chi ama i R.E.M. il rischio e’ quello di rimanere inizialmente un po’ delusi, per chi li conosce poco Reveal suonera’ senz’altro molto bene, anche se difficilmente si riuscira’ ad innamorarsene.

Ma i R.E.M. son pur sempre i R.E.M. e, al contrario di tanti gruppi che sentono pericolosamente il peso degli anni, continuano a sfornare dischi ascoltabili e a rimanere credibili. E’ da questo che si vede quanto ancora sia grande una band.