Very Short Shorts “Minimal Boom”, recensione

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Questa volta, rispetto al recente passato, per ritrovare il sound dei Very Short Shorts, dobbiamo approdare nel territorio indipendente della Riff Records che, oltre alle attività booking, management ed organizzazione di eventi, è riuscita nell’intento di raccogliere sotto la sua ala protettrice questo nuovissimo Minimal Boom!. Tredici tracce chiuse in un sottile digipack minimalista, richiamato dall’opera pittorica di Daniela De Fazio, che interpreta con i suoi pennelli il titolo di questa nuova uscita di Stefano Manca e soci. Una macchia nera, che pur non volendo scomodare la psicometria, sembra voler sfidare lo spettatore ad un analisi psicodiagnostica del disegno ambiguo. Questa concettualità artistica sembra aver un diretto rimando alla mescolanza di note che compongono quel cammino iniziato con la sicurezza compositiva di I am you are e che trova il suo placet definitivo nella splendida 16.

Il viaggio nelle oniriche sensazioni interpretative viene trainato dall’irrequieto e cadenzato piano d’incipit, aromatizzato dal dolce violino e dalle calmieranti corde di Jeremy Thoma, intento nel suo essere a interporre tra le partiture un’aurea stranita e poetica. La linea descrittiva portante, pur rimanendo ancorata alla direzione scelta, è ben definita grazie a introspettivi frattali capillari, che intersecano gli improvvisi cambi di direzione. Le sensazioni ovattate implodono poi con While my daughter gently sleeps giocoso rimando beatlesiano, traccia, di certo tra le più convincenti, che coniuga un arte musicale apparentemente semplice, con la profondità dell’ardita contemporaneità. Piacevole, coinvolgente e al contempo nobile ed ideale colonna sonora.

Con Peoplehappymoney, invece i temi si incupiscono, pelli e tecnicismi archiviano una sorta di nereggiante marcia, che il soave arco sonoro non riesce nell’intento di schiarire. Un brano da ascoltare al buio della notte, con gli occhi persi tra le ombre delle reminiscenze recondite ed intratestuali di quel Pink adulto raccontato da Waters.

Il mondo dei Very Short Shorts non è però così minimal come si può intuire dall’ascolto dei tradizionali spazi e delle cadenzate aperture di Driving with no light, che sembrano rappresentare un vivace superamento dell’ossimoro espresso attraverso sensazioni filmiche uscenti da compilazioni sonore quali Ramachamdran. Se poi andamento scenico di Fullgas non conquista completamente, Carillon finisce per destabilizzare con il suo deja ecù iniziatico di brevissima e giocosa composizione, che ci rimanda alla ripetitività infantile, donando quella stessa sicurezza e protezione che i bimbi ricercano nel proprio vissuto.

Il disco si completa poi con le semplici ed efficaci linee di Schlauskatr, che a tratti sembra ripercorrere alcuni lembi vanhalleniani e la curiosa I dont want to go to Brescia, un free trip delirante e sorridente di poco più di un minuto.

Un disco che non delude le aspettative attraverso una serie di track brevi e fulminanti, capaci di aprire la famosa porta della percezione, rivisitando idee e arte figurativa, senza cedere alle tentazioni di faciloneria, ma al contrario riuscendo a portare con sé un ottimo ennesimo punto zero da cui ripartire per la raggiungimento di vergini lande musicali.

Link Utili:
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