BEPPE DETTORI: i suoi anni ’90 arrivano oggi

Un disco parcheggiato per 20 anni precisi. Ed è forse questa la grande motivazione che ha dato ragione alla sua pubblicazione, rimasta bloccata per tutto questo tempo a causa di ragioni generiche… ci piacerebbe indagare… non l’abbiamo fatto, non ci sentiamo così invadenti e forse, probabilmente, è solo una mera questione lavorativa. Fatto sta che quel disco scritto nel 1998 da Beppe Dettori in collaborazione con Giorgio Secco e poi prodotto dai due nell’anno successivo, esce oggi per UNDAS Edizioni Musicali e si intitola “@90”. Ecco, forse solo il titolo e qualche pulizia digitale in fare di mastering sono i tasselli di oggi. Per il resto questo disco è stato lasciato com’era in ogni sua intima parte, compresa la bellissima “Monna Lisa”, omaggio al grande Ivan Graziani che moriva un anno prima il concepimento di questo lavoro. Bellissimo pop d’autore, con quel retrogusto rock e quella pulizia che associamo sempre alla musica dell’ex voce dei Tazenda. Beppe Dettori ci restituisce una fotografia dell’epoca che, a dirla tutta, non teme il confronto con il nostro futuro e non tradisce il benché minimo segno di invecchiamento. Sono strutture di rock made in Italy dal piglio soft che fanno da corredo genuino a liriche per niente invasive e presuntuose… liriche che se non sorrette da una musica così ben concepite forse resterebbero nude di una ingenuità poetica senza troppo valore. Ed invece tutto ha valore qui… ogni cosa, ogni suono e ogni sfumatura. In rete il video di lancio proprio di “Monna Lisa” che qui, Dettori e Secco rivisitano con moltissimo gusto e personalità.

Mi incuriosisce sapere cosa si prova a ripescare dal passato un progetto che ha almeno 20 anni di vita. Per gli artisti tutto diventa vecchio e inascoltabile appena dopo qualche mese, almeno così mi dicono sempre. Cosa si prova?
Si è vero, è come dici tu. In genere quando si riascolta ci sembra tutto migliorabile o comunque da riprendere in mano e rifare, oppure, da cestinare. Non fu il caso di questo File, anzi, X-File. Riascoltarlo fu come avere la stessa sensazione del critico di nouvelle cousine di Ratatouille, Anton Egò. Cioè, riassaporare quelle sensazioni di entusiasmo e benessere emozionale e gratitudine immensa. Ritornare con la mente a quel tempo, recuperare il sapore della fatica e della bellezza che questo “mestiere” impone. Dà nuova ripartenza, nuova linfa, in questo specifico Caso.

Mi incuriosisce anche il titolo: una sorta di omaggio al mondo virtuale di oggi?
Si, Viviamo in quest’era “internettiana” della @… Un po’ per riportare dal passato ad oggi qualcosa, noi crediamo, di valido e attuale, nonostante le strutture dilatate e i suoni acustici di “The Bend” dei Radiohead. Un pretesto per restare nel mercato? Si perché no! Mercato Cult.

Che poi questo disco lo si spaccia come figlio degli anni ’90 ma in realtà è venuto alla luce quando quegli anni erano finiti ed entravamo nel nuovo millennio. Vista la velocità con cui tutto si rivoluziona in questo momento, pensi che se fosse stato scritto davvero negli anni ’90, questo disco sarebbe diverso? E come?
Forse se questo disco avesse avuto successo negli anni 90, o 99, sarebbe stato bello vivere quella sorta di sliding-doors. Ma viviamo in questa esistenza. Hai ragione il 99 era alle porte del 2000, ma il concetto degli anni 90 è riportato in quel sunto di composizioni, arrangiamenti e strutture di quell’epoca. Siamo Testimoni, noi 50enni, di questa impennata grafica di sviluppo tecnologico inumano, (dal 77 IBM ad oggi Google e tuto il resto). Inumano perché, forse troppo veloce per stare al passo con la corsa della tecnologia contro il progresso sociale. Quest’ultimo, per insita debolezza, arrancherà sempre, se non si trovasse un modo per “sincronizzare” la crescita, con l’apertura mentale necessaria, ancora troppo attaccata a congetture e indifferenze sociali, all’arricchimento monetario e alla gestione delle masse… e qui mi fermo!

Hai ritrovato Giorgio Secco dopo tanto. Come mai vi eravate persi e come mai vi siete ritrovati.
Perché, entrambi vivevamo dalla musica e non potevamo permetterci di insistere su quel progetto. Abbiamo preso strade diverse e riscontrato successi, Io come Compositore e lui come Chitarrista affermato. Poi le strade si dividono e per fortuna non rimangono binari a vita. Ci sono anche gli scambi in ferrovia. In uno di questi “scambi-ferroviari” ci siamo confrontati più volte su che cosa avremmo potuto fare di quei brani. Abbiamo provato a proporli ad alcuni artisti, avendo anche dei riscontri positivi, poi non andati a buon fine.

Un video in arrivo che centri in pieno questo disco? Secondo te di quale canzone potrebbe trattarsi?
“QUANDO È ORA DI ANDARE”. È un brano che sprigiona positività e incita a fare il salto nel buio e poi inventarsi il futuro, disegnarsi il proprio destino. Fare quello che più ci è congeniale, più naturale, apparentemente più facile e leggero, anche se si fa una fatica smisurata.