La methamorfosi “Guai”, recensione

E se Mike Patton ci avesse preso in giro? Se fosse in realtà italiano e se fosse la voce dei Methamorfosi? Questo è ciò che ho pensato ascoltando la traccia di apertura di questo buon esordio della band nata dagli effluvi di Jar of bones.

Infatti, proprio l’introduttiva Guai, oltre a tuffarsi nel mondo dei Faith No More, sembra voler attingere al suono degli anni 90, attraverso un sound ragionato, riffing distorti e armonizzazioni avvolgenti (SP (sostanza piacente)), in grado di ridefinire più volte cambi direttivi.

Il disco, promosso da Lunatik, offre sin dal primo ascolto un sound diretto, che non lesina rimandi stilistici  al punk, al grunge e allo stoner rock, mediante passaggi corposi, resi taglienti dalla straordinaria vocalità di Michele Zanuttini che, nonostante alcuni eccessivi fronzoli (Amara) si pone proprio tra Mr. Bungle e John di Leo. Le 11 tracce, dirompenti e lineari, vanno a comporre un puzzle composito e  particolare, proprio come i cromatismi della linea vocale, particolarmente riconoscibile e definita.

 

 

Il percorso della band appare rafforzato poi da un buon songwriting  e da idee chiare che, anche quando scricchiolano (Non cambia) mantengono un livello qualitativo piuttosto alto. Tra gli episodi più interessanti del full lenght sento di dover citare il battito variante di Malati dentro e l’impianto doom stoner di Senza di te, in cui le tonalità ribassate della sei corde si abbracciano alle pelli minimali e ai filtri vocali, ad onor del vero, piuttosto funzionali alla narrazione.

Il disco, peraltro ben rappresentato della cover art di Max Mauro, va a chiudersi sulle note di Inadatto, composizione destabilizzante per la sua pacatezza inevitabilmente legata ad una accelerazione emozionale che definisce i contorni di un’opera che, soggettivamente parlando, mi ha convinto e conquistato.

 

 

  1. Guai
  2. Sp
  3. Amara
  4. Verme
  5. Non Cambia
  6. Malati Dentro
  7. La Pioggia
  8. Mia
  9. Senza Di Te
  10. Giochi Poibiti
  11. Inadatto