Supersonic Bus: un d’esordio che la dice luna

Certamente quando sentiamo la parola Supersonic, per noi nostalgici degli anni d’oro pensiamo al pop industriale inglese, pensiamo a grandi dischi e poi ai grandi live televisivi che ci tenevano incollati ai divani. Qui invece parliamo di esordi discografici che significano anche reminiscenze e nuove frontiere, significa incontro incondizionato tra passato e futuro… pescando dal primo i dettami di una grande scuola e dal secondo il bisogno di nuove forme melodiche e nuovi sfoghi lirici.

Sono i Supersonic Bus ovvero Andrea Basso, Giacomo Piatto, Damiano Bizzotto e Cristiano Dionello, band veneta che ha da pochissimo presentato live questo lavoro eponimo che contiene 5 inediti. A noi nostalgici di un certo suono alla Placebo ci piace questa voce liquida e sottile che nel mix si tira un poco indietro. A noi nostalgici però manca la “pacca” del drumming pop rock che qui diviene anch’esso un poco sdrucciolevole, forse anche come risultante di una produzione non perfettamente allineata. E di base il comparto elettrico delle chitarre, sottili anch’esse, genera quel meraviglioso ritorno alle origini inglesi e sicuramente i Supersonic Bus devono molto a quel certo scenario anni ’90. Un disco che si rende distopico, si fa sdrucciolevole e acido come piace a noi… forse è la voce che avrebbe dovuto pretendere di più, forse la pronuncia che sempre tradisce una lontana origine di vita. Eppure il suono sa perfettamente fare i compiti a casa e la scrittura cerca la melodia vincente, risultato questo che deve ancora venire ma i presupposti sono assai promettenti.