Zedr “Futuro nostalgico”, recensione

Buon Groove, linearità catchy e armonizzazioni dirette: ecco a voi i Zedr, una band nata attorno alle idee di Luca Zedr Fivizzani che, arrivato sotto l’egida della Overdub Recordings, porta con sé un ragionato Pop-Indie, pronto a guardare i battiti di fine anni ‘90 (Polvere).

Sensazioni pacate e piacevolmente vintage che sembrano volersi porre su orizzonti contemporanei (Lo straniero) giungendo, a tratti, a ricordare alcuni passaggi di Malavita.

La vocalità pulita, su cui si appoggiano i controcanti femmine, appare una regolata bussola in grado di raccontarci la nostra società, tra cambi direzionali e malsane dipendenze. Il disco, scritto assieme a Giulio Peretti, si offre all’ascolto attraverso una breve tracklist, in cui trovano rifugio echi Pop, Western e Surf. Proprio da quest’ultima aria nasce e matura la traccia cardine del disco: Teoria del disordine. La composizione, dominata dall’impostazione resofonica di Federico Gaspari, dona spazio alle corde narranti, esattamente come accade nell’ottima Nictofobia, in cui la batteria New Wave di Tancredi Lo Cigno disegna i moduli essenziali del brano.

 

 

A dare chiusura a questo convincente Futuro nostalgico sono infine le note stoppate di Ogni parte di me, piacevolmente pacate e cantautorali, attraverso le quali emergono sensazioni Air, qui innestate in un ambiente più lieve e descrittorio.

Insomma, un disco che vuole parlare agli astanti attraverso semplicità e idee… che conquistano solo dopo un ascolto attivo e reiterato, proprio perché questo concept non è annoverabile tra gli episodi musicali usa e getta.